Ricorrono oggi i 60 anni dalla morte di Alcide De Gasperi. Gaspero Di Lisa, presidente dell’associazione degli ex consiglieri regionali del Molise, lo ricorda con un contributo denso di significati. L’eredità dello statista democristiano analizzata alla luce della grande occasione rappresentata dal semestre di presidenza europea. Un intervento che Primo Piano Molise volentieri condivide anche nella sua versione online.

“Meglio  morire che non fare la Ced”. Questo il grido profetico che suggella  la telefonata di De Gasperi a Scelba sessanta anni fa, a pochi giorni dalla morte avvenuta il 19 agosto 1954!

Il ricordo ci dà la misura giusta per capire l’acume politico dello statista capace di pre-vedere il futuro, pre-figurare gli eventi, i rinvii, le difficoltà, i ritardi, le opportunità e tutti gli altri accidenti che ci insegnano le presenti esperienze, messe in campo più da egoistici interessi (fatti valere come “ragioni della politica”) che da serie motivazioni di Stato, anzi, abusando della composita situazione degli Stati pronti più al differimento che all’approvazione della Comunità Europea di Difesa.

De Gasperi, vero padre, illustre per conoscenza delle esigenze e nobile per i valori cui intendeva indirizzare l’Europa, era preso dalla preoccupazione di dare all’integrazione europea un fondamento e visione di unità politica, sola via per procedere speditamente e conseguire le mete che ancora oggi dopo sessanta anni, affannosamente e vanamente inseguiamo.

La celebrazione di questo sessantesimo anniversario ci sia di sprone per continuare con insistenza e fermezza a chiedere ai nostri politici di turno di non derogare alla tanto elusa tematica della unione politica, anteponendo preoccupazioni che riguardano equilibri dei singoli Stati, le ambizioni di rappresentanza nelle istituzioni e negli organigrammi europei, senza curarsi della efficienza e della ripresa di una idea di Europa maturata nella intuizione di chi voleva convertire veramente e definitivamente una politica di guerra e di equilibri precari in una politica di pace definitiva per il mondo occidentale!

Ma il 19 agosto 1954 arrivò la morte fisica di De Gasperi e il successivo 30 dello stesso mese la bocciatura francese della Ced. Dei frutti del negativo voto francese ci siamo nutriti in questi sessanta anni e non sono vicini i tempi per cambiare la dieta!

Le opportunità e gli egoismi dei singoli Stati, che De Gasperi riteneva necessario correggere con la Ced, prevalsero allora e minacciano oggi dall’interno l’iniziale progetto europeistico. L’avvedutezza politica deve urgentemente riprendere il campo usurpato alla politica e occupato dai mercanti, dalle competizioni dei singoli governi e da protagonisti di antipolitica europea.

Lo statista De Gasperi, che aveva ricostruito fisicamente e politicamente il Paese, era ben consapevole dei limiti del piccolo Stato e delle potenzialità dell’Europa, al punto che fino all’ultimo respiro (e non è una figura retorica) la sua mente fu rivolta alla Comunità Europea: via per il futuro dell’Italia e per dare significato e valore al percorso intrapreso dal 9 maggio 1950.

Ricordare una data e inchinarci dinanzi alla tomba di uno dei migliori italiani ed europei, potrebbe essere solo occasione per fare una citazione cronologica o reverenziale atto di omaggio e riconoscenza. Sarebbe, in ogni caso, comportamento limitativo se non si traducesse in imperativo categorico di tornare ad insistere sulla istanza politica e federale dei popoli, vera bandiera dell’Ue.

La ricorrenza del 60° della morte di De Gasperi nel contesto della Presidenza italiana dell’Ue è felice e provvida circostanza per far rivivere la speranza degasperiana di trovare nella unificazione politica e di difesa dei popoli la porta della integrazione e della pace. È ormai nella coscienza di tutti il fatto che l’Ue non può essere la conciliazione degli interessi dei governi o delle competizioni degli Stati. Uomini, studi, accordi e trattati degli ultimi sessanta anni sono altrettanti elementi di estenuanti esperienze, accidentati percorsi tanto faticosi quanto infruttuosi.

Del resto, ogni volta che si parla di Ue si fanno discorsi costruttivi e forti, oppure la discussione prende negative pieghe pessimistiche e la parola più ricorrente è solo la crisi? Eppure, assurdamente, si continua  il contrasto sul registro economico, che è proprio causa ed effetto della crisi. Ha dell’incredibile ostinarsi a voler far camminare l’Ue tirandola per la ‘coda’ dell’interesse particolare, contingente, immediato, limitatamente a questo o a quello Stato, mentre le ragioni dello stare insieme sono altrimenti orientate.

La politica dell’Ue cambierà segno quando decideremo di intraprendere la costruzione di uno Stato sopranazionale, senza le ipocrite soluzioni a due o più velocità, incomprensibili per un continente che deve fronteggiare e ‘contare’ nella modernità della globalizzazione.

“Con i se e con i ma la storia non si fa”, ma lo stesso primo ministro Renzi – che si richiama ad una larga opinione europea favorevole all’integrazione seria – lanci un segnale forte e determinato se vuole essere rispettoso delle sue stesse dichiarazioni. Una posizione di tal genere non solo servirebbe a testimoniare di aver presente la lezione dell’europeista De Gasperi, ma soprattutto convincerebbe i suoi stessi elettori sull’autenticità dell’impulso che vuole imprimere al suo semestre di Presidenza europea. Sarebbe anche il modo migliore per sostanziare il contributo italiano alla costruzione della Grande Europa, come giustamente reclama quando parla della storica azione svolta dal nostro Paese per costruire l’Unione.

L’Italia ha sempre dato un impulso determinante attingendo alle sue risorse culturali, di strumenti di conoscenza e affermazione di valori che hanno segnato la civiltà.

Oggi il nostro presidente si dice pronto a ridare all’Italia questo ruolo nell’Ue e nel mondo. Il destino delle idee è quello di non morire, quando persone ardimentose le sanno raccogliere. Pertanto mi tornano in mente i versi: “A egrege cose il forte animo/Accendono l’urne dei forti”. Dalla tomba del cattolico De Gasperi si potrebbe ricevere il messaggio auspicato dal laico Foscolo, perché non ci fu persona del Trentino più capace di compiere la sintesi dei valori nella sua coscienza di uomo europeo fecondo di quella eredità che si propone a chi ha l’ardire di governare i popoli del futuro. E l’invito vale per ognuno di noi e non solo per i vertici politici.

Gaspero Di Lisa

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