Ha cominciato con la cronaca locale. Da 16 anni lavora a Radio Vaticana, dove è vice caporedattore. Il tempo di conoscere, seguire e raccontare tre pontificati. Esperienza in cui ha imparato, dice, “sempre più la bellezza del dare importanza ad ogni storia che si racconta”.

Il 7 maggio in Molise (ex Gil), nel convegno organizzato dall’arcidiocesi di Campobasso per il ‘giubileo dei giornalisti’, Alessandro Gisotti (nella foto, poco dopo il suo arrivo a Campobasso con il vescovo Bregantini) parlerà del ‘Decalogo di papa Francesco’ affrontando il tema della  deontologia: in particolare ‘comunicare la verità, dai social alla carta stampata’.

L’evento, promosso da arcidiocesi, Ordine dei giornalisti e Ucsi (partner ufficiali la presidenza della Regione, l’Ucs e il Lions Club Molise) si inserisce nel ciclo di formazione per i cronisti. E porterà a Campobasso anche il vice direttore emerito della Sala Stampa Vaticana Ciro Benedettini.

Bergoglio è un papa rivoluzionario a partire dal modo in cui comunica con il mondo. Gisotti spiega: “Francesco lo dice anche nel messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno e lo aveva affermato al Convegno ecclesiale di Firenze: bisogna comunicare con tutti, senza esclusioni e anzi soprattutto con coloro che si differenziano nelle idee rispetto a noi. Nelle omelie a Santa Marta, che seguo con cadenza quotidiana, ripete spesso: non facciamo ‘gruppetto’. Rispecchia la visione di se stesso e di ciò che sta facendo: l’idea cioè di Chiesa in uscita, che cerca di fare un percorso insieme a chi la pensa diversamente”. In questa impostazione si legge “il coraggio di intraprendere vie di comunicazione insolite per un pontefice”. Coraggio che accomuna Francesco a Benedetto XVI, fu lui infatti ad aprire l’account Twitter. “Nel dicembre 2012 – ricorda il vice capo redattore di Radio Vaticana – Francesco ha compreso questo coraggio e riaperto l’account. Oggi ha quasi 30 milioni di follower e più ritweet di Obama. È il leader più influente su quel social”.

Frasi dirette, semplici, concetti chiari. Come quando a Campobasso disse: non portare il pane a casa toglie la dignità. Il Papa non dà ai media problemi di interpretazione, come avviene invece con la politica. Che spesso si difende scaricando dichiarazioni pesanti sul solito ‘giornalista che ha capito male’. Con Francesco non accade. Gisotti conferma questo aspetto, mettendo in guardia dalla tentazione di approfittarne. “Francesco utilizza un linguaggio molto autorevole perché lo possono comprendere tutti. Siamo stati abituati negli anni ad una comunicazione che per essere autorevole usava un vocabolario ricercato ed era quindi suscettibile di interpretazione. Lui punta su un linguaggio calato nella vita quotidiana. In questo senso il compito del cronista è facilitato. A volte è lui stesso a ‘farti il titolo’. Frasi brevi, secche, poche subordinate. Dei tweet. Ti dà la pista da seguire. Dall’altro lato, è un linguaggio così chiaro che bisogna stare attenti a non torcerlo. Lo abbiamo visto col Sinodo sulla famiglia, su cui c’era giustamente una grandissima attenzione. Francesco si è lamentato di una eccessiva attenzione a certi temi, come la comunione ai divorziati. Ecco, chi racconta questo Papa non deve focalizzarsi sulla piccola tessera ma su tutto il mosaico”.

Da giornalista, ha raccontato tre Papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Arriva domani in Molise, terra di accoglienza per antonomasia come dimostra anche l’esperienza di accoglienza – nei numeri e nella qualità – dei migranti. Eppure qualcosa si è smarrito, l’abitudine e la necessità di ‘incontrarsi’. I media possono fare la propria parte per riannodare il filo della comunità. Ma come? “Un problema che a Roma è anche più avvilente – contestualizza Gisotti – Siamo tutti più connessi però anche più soli. Quanto al ruolo della stampa, io non mi sento di dare indicazioni. Mi va di mettere a disposizione la mia esperienza. In 16 anni a Radio Vaticana, seguendo tre pontefici anche nei viaggi all’estero, ho imparato sempre più la bellezza del dare importanza ad ogni storia che si racconta. L’attenzione rispetto alle storie e alle persone che si incontrano. La visita di Francesco a Lesbo, ad esempio, è stata di poche ore ma intensissima. Lui stesso tornando a Roma ha detto: è stato un viaggio troppo forte per me. Dal punto di vista emotivo. A Lesbo Francesco ha ascoltato, messo in pratica il messaggio per la giornata delle comunicazioni sociali. È quello che oggi manca: abbiamo perso il gusto e la pazienza di ascoltare. La comunicazione chiede risultati in tempi molto stretti, devi cercare di riempire gli spazi di parole. Si è poi interessati più ai commenti che al fatto quando le storie dovrebbero avere priorità. Credo che questa regola deontologica non scritta, riscoprire la pazienza di ascoltare, possa fare la differenza”.

 

 

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