Quante volte siamo chiamati a scegliere nella vita? Spesso. A volte accade anche diverse volte in un giorno. Ci sono scelte più e meno importanti. Scelte insignificanti, scelte decisive.
Qualche settimana fa ci è stato chiesto di scegliere. Una scelta più editoriale che di redazione. Ma come loro abitudine Sabrina e Mirella Ricci hanno preteso il mio coinvolgimento e quello di tutta la redazione.
La scelta riguardava il quotidiano nazionale con cui proseguire la straordinaria avventura che la famiglia Ricci ci sta consentendo di vivere con la pubblicazione di Primo Piano Molise.
Avevamo due possibilità: ragionare con la testa o agire seguendo il cuore.
Le trattative sono state lunghe, estenuanti, ma anche entusiasmanti.
Siamo stati ospiti di importanti redazioni a Roma, Milano, Napoli. Tutto molto bello e interessante. Affascinante. Altra cosa rispetto a realtà piccole come quella del Molise. Siamo stati tuttavia trattati come se fossimo un’ammiraglia dell’informazione, con la consapevolezza – è stato ribadito più volte alle nostre editrici – che sostenere un quotidiano in una regione di 300mila abitanti non è coraggioso: è folle.
Cose che più o meno ci vengono ribadite ogni qualvolta varchiamo i confini della regione. Abbiamo allora deciso che la scelta non poteva non essere condizionata dal Molise, da una regione che in tanti vorrebbero cancellare, annettere, annientare. Quella stessa regione in cui la famiglia Ricci continua a credere e a investire. Fondamentale per noi, dunque, promuoverne l’identità.
Ci siamo voltati indietro e abbiamo pensato che non potevamo prescindere da chi nei secoli ha dato forma a questa terra. Il Regno delle Due Sicilie, il Regno di Napoli. Il Sannio, la Terra di lavoro. Il Sud.
Messi insieme un po’ di concetti, la scelta non è stata difficile. Abbiamo ‘cercato’ per stringere una partnership il quotidiano più diffuso e letto nel Meridione: Il Mattino.
Ci siamo capiti ‘a pelle’. Non sono stati necessari i preliminari. Come dire: parliamo la stessa lingua. Insieme interpretiamo e diamo voce al Sud del nuovo millennio: enormi capacità e potenzialità, la testardaggine di cambiare il corso di una storia scritta da altri, lo spirito giusto per riuscirci e costruire un futuro diverso.
Quella di orientare la scelta su un quotidiano fortemente connotato con il territorio è una scommessa che le editrici di Primo Piano hanno accettato senza riserve. Con altrettanta energia ha aderito al progetto Alessandro Barbano, direttore de Il Mattino. Alessandro, uomo del Sud, è molto legato al Molise. Vive questa terra, ne conosce difetti e virtù. Il suo contributo, i suoi consigli, saranno certamente utili per arricchire l’esperienza della nostra redazione e per aiutarci a superare le sfide di un settore in constante evoluzione.
Confortati dai sentimenti di approvazione che molti lettori ci hanno già fatto pervenire, ci siamo detti: avanti tutta e che il vento ci sia in poppa. Noi ci metteremo l’anima anche questa volta, rinnovando una sacrosanta promessa a tutti coloro che ci seguono: terremo dritta la barra, sempre e comunque.

Luca Colella
direttore di Primo Piano Molise

È vero, caro Luca e cari lettori di Primo Piano Molise: si tratta di una sfida su obiettivi condivisi. Rafforzare il ruolo e la qualità del giornalismo nel Mezzogiorno, raccontare e interpretare ciò che cambia e ciò che resiste al cambiamento. È un impegno che ha a che fare con la democrazia. Perché una democrazia senza giornali è come una città senza piazze. Dove sfumano le occasioni di incontro, s’incrinano le relazioni umane, muore la delega e la quantità divorzia dalla qualità. Dove nessuna moltitudine di “io” farà mai un solo “noi”.
Sennonché al Sud la sfida si è fatta più impegnativa. Perché oggi i giornali surrogano sempre più la debolezza delle istituzioni. Si fanno essi stessi riferimento istituzionale delle popolazioni. Fare i giornalisti qui e ora significa darsi senza risparmio di energie e di emozioni. Ma senza farsi travolgere dalle passioni che si raccontano. Significa tenere un punto di vista sulla realtà e avere il coraggio di dichiararlo, non ignorando però che un testimone, ancorché critico, non ruba mai la scena. Significa preservare nella coscienza un diaframma che ci aiuti a non desiderare troppo che ciò che si racconta come giusto accada per davvero. Quel diaframma si chiama indipendenza e la parola può trarre in inganno se si immagina di declinarla come un diritto di libertà. La vera indipendenza è piuttosto un dovere, e coincide con un esercizio di moderazione. Si coltiva con la virtù del dubbio e il privilegio di tornare sui propri passi. Talvolta di ricredersi.
Questa flessibilità dice che il giornale è un’istituzione non convenzionale, oppure non è un giornale. Vuol dire che la sua sfida al senso comune va giocata in primo luogo su se stessi. Fare giornalismo vuol dire sottoporre la propria lettura dei fatti a un’autocritica permanente. Questo è il compito dei giornalisti che raccontano il Mezzogiorno: smascherare con l’esercizio metodologico del dubbio le fragili certezze e gli stereotipi noir di un certo giornalismo nazionale e di una certa narrativa, figli di un conformismo e una serialità troppo sospetti per apparire credibili. La bussola è per il Mattino quella di Matilde Serao, nel suo bellissimo libro “Il ventre di Napoli”, scritto più di un secolo fa, ma ancora attualissimo: raccontare il Sud senza sconti per nessuno, ma con rispetto e amore per le sue genti. Il Mattino e Primo Piano Molise sperimentano da oggi, in questa piccola ma orgogliosa regione, questo impegno comune.
Si tratta anche di una sfida pari alla potenza che l’impatto tecnologico ha nella vita delle nuove generazioni: convincere i figli di internet 2.0 che nessuno sviluppo informatico potrà mai surrogare il ruolo del giornalismo disintermediando il rapporto tra l’utente e l’informazione. Così come nessuna democrazia potrà mai rinunciare all’esercizio di una delega fondata sulla competenza, sulla credibilità e sulla fiducia. Perciò il giornalismo deve e può essere la misura di un delicato equilibrio che si preserva intatto nel mondo che cambia alla velocità della luce. Se ha il coraggio, la tenacia e l’umiltà che servono per continuare a credere che la democrazia sia il più imperfetto dei sistemi, se non fosse che tutti gli altri sono peggiori.

Alessandro Barbano
direttore de Il Mattino

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