La nota istituzionale di Palazzo Vitale parla di «confronto costruttivo».  Il confronto, questo è certo, c’è stato. A tratti duro e brusco. Tanto che l’amministratore delegato di Amadori avrebbe detto chiaramente che la deadline dell’8 marzo è insuperabile: o si firmano le intese, quella sindacale e quella con Regione e Ministero per i contributi pubblici, entro quella data oppure l’azienda rinuncerà ad investire in Molise. Perché condizioni diverse da quelle proposte non sarebbero economicamente sostenibili,  ha spiegato, e quindi il gruppo non le farebbe passare, non le accetterebbe.

Terra ospitale per antonomasia, l’azienda romagnola invece avrebbe registrato qui un clima ostile. Uno shock salutare, da quel che trapela, la dichiarazione ferma di Massimo Romani: poi il clima è cambiato. Ed è cambiato perché anche il governatore Frattura ha alzato la voce, ribadendo ai sindacati gli impegni presi sulle azioni di politiche attive che saranno messe in campo per gli esuberi. E confermando la disponibilità ad andare incontro alle richieste di Amadori, richieste anche complesse poiché legate a nodi giuridici da sciogliere rispetto ai beni acquistati nell’ambito del bando delle tre curatele (Agria Holding, Gam e Logint). Disponibilità a superare tutti gli ostacoli.

Si aspettava di firmare ieri l’ad Romani, una certa irritazione probabilmente ha dettato il registro della riunione e dell’interlocuzione. E se si aspettava di siglare i patti che ha sempre descritto come condizioni fondamentali per proseguire il progetto di investimento sulla filiera avicola un motivo forse lo aveva. A scorrere i verbali delle precedenti riunioni sulla crisi della Gam – per quanto sintetici per dovere di riservatezza – non si colgono grosse contrarietà delle organizzazioni sindacali nazionali che stanno conducendo la trattativa. Poi, sulla carta, i numeri e le proposte contrattuali sono sembrate più drastiche, il tiro si è spostato sulla Regione, chiamata a compensare un quadro che non è l’Eden che qualcuno – nelle voci raccolte negli ambienti ma la cui fondatezza è sempre stata scarsa – aveva prospettato.

Dopo l’incontro, le organizzazioni dei lavoratori hanno lavorato fino a notte fonda per spuntare miglioramenti ad una bozza che era già stata emendata nel confronto fra Regione e Agricola Vicentina. Quindi, qualche contratto a tempo indeterminato all’incubatoio (sembrerebbe davvero qualche) e nero su bianco i tempi ipotizzati per il riavvio del macello. C’è poi sempre il superamento della clausola sociale. Una lunga trattativa, i cui risultati saranno portati all’attenzione delle maestranze in una nuova assemblea. Entro una decina di giorni il vertice decisivo al Mise, quello per la firma.

Tecla Boccardo, segretaria della Uil Molise, commenta positivamente il cambio di metodo registrato ieri. «Si sono chiarite delle situazioni e si sono fatti dei passi avanti, soprattutto per la tutela di tutti i 280 addetti che è quello che a noi più interessa».

Il presidente Frattura, che poi è sceso insieme all’assessore Veneziale a spiegare come è andata ai lavoratori in presidio davanti al Ministero, ha dato conto di «un avanzamento importante – che, come Regione, abbiamo condotto con Agricola Vicentina per la definizione certa degli accordi sotto il profilo delle garanzie richieste anche riguardo ai tempi previsti per il percorso di rilancio del comparto. Con i sindacati abbiamo ribadito gli impegni già individuati nell’ambito delle politiche attive per la tutela sociale dei protagonisti della  nostra filiera, evidenziando la necessità di una seria assunzione di responsabilità e obblighi reciproci».

2 Commenti

  1. la Cgil ha rovinato l’Italia, fatevi da parte e fate ripartire finalmente l’Arena.

    • Cittadini si nasce scrive:

      Veramente l’Italia è stata rovinata da quelle regioni, come la nostra, che hanno fatto delle partecipate il loro cavallo di battaglia pur di piazzare uomini di fiducia, affondando l’imprenditoria del territorio. L’ex Arena ne è la prova, ma vi posso citare lo Zuccherificio del Molise (la pagina imprenditoriale più penosa della nostra regione), l’ex Ittierre. La regione non fa e non deve fare impresa, deve semplicemente creare, attraverso leggi e provvedimenti vari, tutti quei presupposti socio-economici atti ad invogliare gli investimenti. Né più né meno. Purtroppo abbiamo o vogliamo avere un po’ tutti la memoria corta, ma è un inconfutabile dato di fatto che il passato esecutivo regionale ci abbia sguazzato nella gestione e nell’avallo delle partecipate: un po’ di onestà intellettuale non guasta…

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