Dove è stato già sperimentato, il ‘codice rosa’ è un percorso caratterizzato da due strade: quella operativa al Pronto soccorso e il supporto di una task force che si attiva con immediatezza appena in ospedale ci si accorge di avere di fronte un caso di violenza: sessuale, domestica o economica. Due strade per garantire alla vittima un intervento efficace. La cosa più difficile è infatti ancora ottenere da chi subisce violenza la conferma dei sospetti. Ci vuole personale preparato nei reparti di emergenza – certo un esperto che riconosce nell’occhio nero il pugno e non la sempre poco credibile botta accidentale contro uno stipite, ma anche un professionista formato per rassicurare e convincere che dire la verità aiuta ad uscire dall’inferno – e luoghi dove occuparsi della donna o del minore al riparo dagli occhi di altri pazienti e operatori. E, a supporto e pronto ad agire, un gruppo di lavoro che metta insieme l’esperienza e le competenze delle procure e delle forze dell’ordine.
A Campobasso ieri è stato firmato il protocollo che realizza questo doppio binario. Lo mette nero su bianco. In calce al documento, le firme del procuratore generale Guido Rispoli (che coordina e sovraintende alle azioni previste nell’intesa), del procuratore dei minori Claudio Di Ruzza, del direttore generale dell’Asrem Gennaro Sosto, dei procuratori di Larino Ludovico Vaccaro, di Isernia con la delegata Maria Carmela Andricciola e di Campobasso con Elisa Sabusco (sostituto delegato), della consigliera di parità Giuditta Lembo. Un protocollo che ha un punto di originalità nella sua operatività distrettuale: le iniziative sono valide e attuabili su tutto il territorio regionale del Molise, in tutte le strutture sanitarie pubbliche.
Primo step, primo binario: il codice. Arriva in ospedale una donna (ma pure un minore o un anziano) in una condizione che gli operatori individuano come sospetto caso di violenza, maltrattamenti, bullismo ma anche stalking o mobbing (la violenza psicologica, infatti, può portare a conseguenze serie per la salute, che giustificano il ricorso a cure d’urgenza). A quel punto, oltre ai normali codici di triage, ne sarà assegnato uno rosa, naturalmente criptato a tutela della privacy. Quel codice attiva il ‘percorso rosa’ che chiama in causa la task force interistituzionale. In caso di violenza sessuale, ad esempio, all’interno del Pronto soccorso sarà predisposta una sala riservata ad hoc dove la paziente sarà accompagnata per i controlli e le consulenze mediche necessarie. In quella stanza la raggiungerà il personale di polizia giudiziaria incaricato delle indagini.
La task force (composta dalle istituzioni che hanno firmato l’intesa), a sua volta, ha una doppia valenza. Intanto di coordinamento e armonizzazione degli interventi. E, in secondo luogo, di studio e analisi dei casi. Che saranno trattati anche qui in maniera rigorosamente anonima. «Saranno valorizzati dal punto di vista giudiziario nella massima tutela della riservatezza e della segretezza per cercare di capire – ha spiegato il procuratore generale Rispoli – i singoli fenomeni che caratterizzano il nostro territorio e naturalmente di approntare i mezzi di prevenzione. I dati saranno studiati da un apposito gruppo di lavoro anche per dare assistenza alle vittime nelle strutture presenti sul territorio».
Quanto ai tempi, l’Asrem conta di partire presto. «Avvieremo nelle prossime settimane – ha detto il manager Sosto – la fase formativa del nostro personale di Pronto soccorso. Speriamo di essere operativi da questa estate».
E infine un dato culturale che si affianca alla prevenzione e che al procuratore di Larino Vaccaro è apparso caratterizzante dell’intesa siglata. «Diffondere, cioè, quella cultura della non violenza, del rispetto dei generi a cominciare dalle scuole». Proprio nelle scuole sono già numerose le iniziative portate avanti dalla procura dei minori, il cui ruolo su questo fronte – ha sottolineato in chiusura Rispoli – è fondamentale.
rita

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