Gli sms hot dell’amante sono sufficienti a dimostrare il tradimento e l’eventuale successiva richiesta di separazione con addebito a carico del coniuge che è venuto meno al dovere di fedeltà. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 5510 del 6 marzo scorso. La Suprema corte ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano che, chiamata ad occuparsi di un caso di separazione di una coppia milanese, «ha giustificato l’addebito per la violazione dell’obbligo di fedeltà, in ragione della scoperta, nel novembre 2007, di messaggi amorosi pervenuti sul cellulare» del marito, scoperti e letti attentamente dalla moglie.
Nella sua difesa l’uomo ha cercato di sostenere che il matrimonio era già in crisi da diversi anni e che la scoperta della sua relazione con l’amante aveva solo «aggravato una crisi coniugale presente da tempo».
La Cassazione gli ha obiettato che nella coppia c’era stata già una riconciliazione nel 2002, anno del riavvicinamento e della nascita dell’ultima figlia, e che a far venire meno la ritrovata unità era stata proprio la scoperta dell’infedeltà appresa dalla moglie leggendo gli sms sul cellulare del marito. Tuttavia questa sentenza sembra andare contro una precedente pronuncia del 2016 con cui la Cassazione stabilì che spiare il cellulare del partner è reato.
Il caso di specie risale a dieci anni fa quando l’uso dei social network era ancora una cosa per pochi. Oggi i social network e le applicazioni di messaggistica sono i migliori testimoni di tradimenti, litigi, minacce e offese di ogni genere. Giova ricordare, però, che non è sufficiente stampare le prove. Perché abbia un valore in giudizio la prova digitale deve essere acquisita con metodologie forensi che garantiscono genuinità e originalità dell’informazione ad una specifica data.

Rubrica a cura del Laboratorio di informatica forense – iWay
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