La procura di Bari ha depositato ricorso in appello per la vicenda giudiziaria che ha coinvolto la giornalista Manuela Petescia, direttore di Telemolise, e il magistrato Fabio Papa, per tentata estorsione, tentata concussione ai danni del presidente della Regione Molise Paolo Frattura e altri reati penali.
L’appello riguarda tutte le ipotesi di reato contestate nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal procuratore Pasquale Drago. Il 4 maggio scorso Papa e Petescia sono stati assolti, in primo grado, perché il fatto non sussiste al termine del processo condotto con rito abbreviato per scelta degli imputati stessi. Sul piano civile, partecipa all’appello anche la presidenza del Consiglio dei ministri che ha presentato un suo ricorso.
Il presunto ricatto nei confronti del presidente della giunta secondo l’accusa sarebbe avvenuto durante una cena.
«L’appello riguarda tutte le ipotesi di reato contestate. La procura di Bari evidentemente ritiene non corrispondente alla verità dei fatti la sentenza di assoluzione emessa in primo grado», è il commento del governatore Frattura all’Ansa. «È una posizione – aggiunge -, che smentisce nei fatti le letture date da alcuni in questi mesi sul caso. Oggi la cosa più evidente: non è vero che la vicenda era ed è chiusa. È apertissima come la giustizia italiana prevede: per un’espressione definitiva ci sono tre gradi di giudizio. La sentenza emessa lo scorso 4 maggio corrisponde solo al primo passo, ora appellato. Come per il primo grado di giudizio, così anche stavolta è sempre la procura che continua a riconoscere profili di reato nei fatti denunciati e per questo chiede alla Corte di Appello di esprimersi». Frattura commenta infine la decisione di presentare ricorso arrivata anche da Palazzo Chigi: «Qualcuno diceva che il governo era stato tirato in ballo in una storia assolutamente falsa: un’altra boutade smontata dai fatti. Questa e solo questa è la verità delle cose».
«L’appello era stato preannunciato e fa parte del normalissimo iter processuale. Mi sarei meravigliata del contrario, sinceramente, trattandosi di un’assoluzione con formula piena, quella mia e del magistrato Fabio Papa, che ha spedito automaticamente a processo per calunnia il presidente della giunta regionale del Molise unitamente al suo fido avvocato-amico e testimone unico, Salvatore Di Pardo», così invece il direttore di Telemolise Petescia sempre all’Ansa. «Dunque l’appello diventa un tentativo di dilatare i termini di questo secondo iter processuale – continua – e di prendere un po’ di tempo: del resto uno dei pm che lo ha firmato, il procuratore aggiunto Giannella, risulta titolare anche del procedimento per calunnia nei confronti di Frattura e Di Pardo, indagine apertasi a Bari subito dopo l’assoluzione. Questo atto giudiziario odierno, che è stato già visionato dai nostri avvocati, Arturo Messere, Erminio Roberto e Paolo Lanese – osserva Petescia – in sostanza ripropone stancamente e inutilmente le stesse e identiche tesi con cui si è celebrato il processo di primo grado, senza considerare minimamente, peraltro e, guarda caso, le prove principali che hanno portato alla nostra assoluzione: la consulenza tecnica sulle celle e sui tabulati telefonici (che esclude senza ombra di dubbio l’ipotesi di un incontro nell’autunno del 2013) e la sorprendente quantità di menzogne contenute nella denuncia presentata da Frattura, menzogne sbugiardate in aula una per una e che hanno minato alle fondamenta la credibilità dei denuncianti. L’appello dunque non scalfirà in alcun modo le motivazioni della sentenza che si va a impugnare – conclude – trattandosi di questioni già ampiamente dibattute e completamente smontate nel corso del giudizio di primo grado e nella sentenza emessa dal giudice Antonio Diella».

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