«Sotto molti punti di vista, per il nostro Paese, il bilancio 2017 si prospetta come quello di un anno molto particolare, un anno cruciale»: è l’incipit della nota diffusa dal presidente territoriale dell’associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro e con cui la stessa commenta il bilancio 2017 su infortuni, lavoro ed economia.
«Si è trattato, infatti – scrive Michela Ferrazzo -, di un anno che ha concluso una serie di cicli decennali che ha segnato un punto di snodo tra il saldo finale di un ciclo e la premessa per l’inizio di nuovi. Esattamente dieci anni fa, nel 2008, ci fu l’esplosione della crisi economica in Italia, determinata sì da fattori esterni, ma che agirono solo da innesco ad una crisi strutturale che stava indebolendo l’economia nazionale già dai primi anni 2000, mentre su un altro versante, sempre nel 2008, ci fu l’emanazione del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008), pietra miliare nel campo della tutela antinfortunistica. E sempre al 2008 risale l’emanazione della Tabella delle malattie professionali (D.M. 22/07/2008) che aveva dato avvio, in maniera quasi vorticosa, al processo di emersione di quel fenomeno endemico di sottodenuncia delle cosiddette malattie sommerse».
La congiuntura economica. Dal 2008 in poi gli effetti della crisi sull’economia nazionale sono stati devastanti; ma già da qualche anno si sono intravisti timidi segnali di ripresa che finalmente nel 2017 sembrano definitivamente essersi rafforzati e consolidati.
Nell’anno 2017, secondo le stime dell’Istat, il Pil del nostro Paese crescerà dell’1,5%: si tratta certamente di un segnale molto positivo anche se in colpevole ritardo rispetto al resto del mondo. Il livello del Pil italiano del 2017 è ancora inferiore di oltre il 5% rispetto al valore del 2008. Il nostro è l’unico Paese del G7 ad aver registrato, nel corso di questo decennio, una flessione reale del Pil; in altri Paesi, come la Spagna, il recupero è ormai completato, mentre Francia e Germania segnano progressi rispettivamente di circa il 5% e il 10%.
Anche per quanto riguarda la produzione industriale, nella media dei primi dieci mesi del 2017 l’indice è aumentato del 2,9%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono: fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+8,6%); riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+8,3%); fabbricazione mezzi di trasporto (+8,1%).
L’accelerazione della dinamica dell’attività economica, particolarmente significativa per le attività industriali e manifatturiere, è associata a un assorbimento di lavoro da parte del sistema produttivo che continua la sua fase di espansione: le ore lavorate crescono complessivamente del 2,4% su base annua, sulla scia della crescita della produzione.
Anche la dinamica dell’occupazione risulta favorevole: nel terzo trimestre 2017 si registra una crescita di 303mila occupati (+1,3%), con accentuazione particolare per i dipendenti (+2,3), soprattutto a termine. La crescita dell’occupazione riguarda entrambi i generi e tutte le ripartizioni geografiche, ma si mostra più intensa per le donne e nel Mezzogiorno; torna a crescere anche l’occupazione per i giovani 15-34 anni, sia in termini congiunturali che tendenziali.
Tutti gli indicatori economici, dunque, concordano sul fatto che la crisi economica sembra ormai superata e si prospetta una visione più ottimistica per un nuovo ciclo (speriamo lunghissimo) di recupero di lavoro, potere di acquisto e, in definitiva, di benessere per tutti i cittadini.
Gli infortuni sul lavoro. L’evoluzione del fenomeno infortunistico nell’ultimo decennio si è sviluppata quasi perfettamente in linea con la dinamica economica appena esposta. Già da alcuni decenni il fenomeno infortunistico ha fatto registrare nel nostro Paese un calo continuo sia per gli infortuni sia per le morti sul lavoro. Ma tale flessione si è notevolmente accentuata a partire proprio dal 2008 e fino al 2014, gli anni cioè della profonda crisi economica, di cui si è detto, e che, producendo un forte taglio di produzione e lavoro (sia in termini di occupati sia di ore lavorate), ha ridotto l’esposizione al rischio, quindi gli infortuni stessi.
Nel 2015 e 2016, a seguito dei primi segnali di ripresa produttiva, il calo degli infortuni ha cominciato a dare segni di un sensibile rallentamento finché nel 2017 ha iniziato, già dai primi mesi, una crescita via via più consistente che comunque si è attenuata nell’ultimo mese di novembre. Sulla base dei più recenti dati, relativi ai primi 11 mesi del 2017 (rilevati dall’Open Data dell’Inail) gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (circa 2.000 infortuni in più); l’incremento era stato molto più sostenuto nei mesi precedenti sfiorando +2% e solo nell’ultimo mese, come detto, ha rallentato.
Un percorso pressoché analogo si riscontra per le morti sul lavoro che erano scese dai 1.200 casi del 2008 a 1.170 nel 2014 per risalire a 1.286 nel 2015 e ridiscendere a 1.104 nel 2016. Nel 2017, infine, sempre con riferimento ai dati disponibili del periodo 1 gennaio-30 novembre, si assiste ad una crescita dell’1,8% (17 casi in più), che con molta probabilità porterà ad un saldo annuo finale intorno a +2%. In Molise i morti sul lavoro (gen-nov 2017) sono stati 11 (due in più del 2016).
Per la prima volta, dopo oltre 25 anni, si assiste dunque ad una crescita contemporanea sia di infortuni sia di morti sul lavoro e, anche se si tratta di dati parziali e provvisori, l’Anmil ritiene che dopo dieci mesi, sia molto alto il rischio di un bilancio finale annuo dello stesso segno.
I settori che fanno registrare i maggiori aumenti in termini infortunistici sono proprio quelli legati ad attività industriali in cui si riscontrano più marcati segnali di ripresa produttiva, vale a dire: l’industria metallurgica (+6,3 %), i trasporti (+4,0%), la metalmeccanica (+3,7%) e i servizi alle imprese (+1,9%). Per contro, tra i settori in diminuzione troviamo: l’agricoltura, che prosegue nella sua tendenza storica al ribasso con un calo infortunistico pari a -5,2%; la pubblica amministrazione (-9,8%), le attività finanziarie ed assicurative (-8,6%) e la sanità (-2,8%), ovvero, tutti settori in cui la ripresa produttiva ha avuto scarsissimo impatto.
Anche a livello territoriale, i maggiori incrementi infortunistici si registrano nelle aree più industrializzate e produttive del Centronord ed in particolare in Lombardia (+2,7), Emilia Romagna (+2,6%), Trentino (+2,5%) e Lazio (+1,3%). Le regioni più “virtuose” risultano essere, quasi tutte quelle del Centrosud, in particolare Molise (-14,9%), Umbria (-6,3%) e Puglia (-3,2%).
Le malattie professionali. Anche per le malattie da lavoro il 2008 è stato l’anno di inizio di un ciclo molto particolare durante il quale vi è stata, in tutte le aree geografiche del Paese, una crescita molto sostenuta delle denunce che si è protratta fino al 2016. Ma in questo caso l’andamento è stato fortemente influenzato da un fattore di natura esclusivamente tecnica dovuto al fatto che, con l’aggiornamento della “Tabella delle malattie professionali”, avvenuto proprio in quell’anno, sono state inserite in “Tabella” le patologie muscolo-scheletriche le cui denunce sono così aumentate in misura vorticosa.
L’Inail, come noto, classifica le malattie professionali in base ad un sistema “Tabellare misto”, vale a dire che nella “Tabella delle malattie professionali” (che viene aggiornata periodicamente) sono elencate tutte le malattie che vengono riconosciute automaticamente al lavoratore che è stato esposto per un dato numero di anni all’agente patogeno collegato alla malattia; per le malattie “non tabellate”, invece, al lavoratore spetta “l’onere della prova” cioè deve dimostrare (con documenti, certificazioni mediche, testimonianze, ecc.) l’origine professionale della malattia. Questa circostanza ha indotto i lavoratori a ricorrere massicciamente allo strumento assicurativo al fine di vedersi riconoscere ed indennizzare quelle patologie (muscolo scheletriche e sindromi del tunnel carpale) che prima non venivano neppure denunciate in quanto, non essendo tabellate, avevano scarsa probabilità di essere riconosciute.
In questo arco di tempo le denunce di malattie professionali sono “emerse” prepotentemente salendo ininterrottamente dalle 30mila circa del 2008 alle 60mila del 2016, praticamente raddoppiate. La crescita si è andata man mano indebolendo negli ultimi anni finché nel 2017 la spinta si è completamente esaurita e ha fatto registrare, nei primi 11 mesi dell’anno, un calo del 3,7% rispetto allo stesso periodo 2016. Nello stesso tempo le denunce di patologie dell’apparato muscolo scheletrico sono diminuite del 4,3% e le sindromi del tunnel carpale di ben il 6,7%.
«Su queste premesse – conclude il presidente Ferrazzo le considerazione sull’analisi elaborata e sviluppata dall’associazione – non è azzardato prevedere che l’andamento del fenomeno, raggiunto ormai il suo livello ‘fisiologico’, sia destinato ad assestarsi su valori che risultano più congrui ed in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea. Pur tuttavia, la forza dell’Anmil che risiede principalmente nella propria rete di volontari e il cresciuto impegno associativo sul fronte della prevenzione con progetti e iniziative dedicate in modo capillare sul territorio alla formazione e alla prevenzione, ci vedranno protagonisti e in prima linea per contribuire a questo indispensabile cambiamento».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.