Hanno costituito un comitato spontaneo, si chiama “Infermieri che lottano”. Perché sanno che c’è da combattere. Sono infermieri che hanno scelto di «andare a concorrere per i posti disponibili nel resto d’Italia lasciando la propria terra», cioè il Molise in cui fino a qualche mese fa in sanità vigeva il blocco del tunr-over (impossibile quindi assumere se non a tempo determinato).
Protestano, e lottano, per spingere Regione e Asrem a portare a termine il percorso avviato con il provvedimento della direzione generale dell’azienda del 25 ottobre scorso: a fronte di un fabbisogno di 280 infermieri, 140 rientreranno in Molise attraverso l’avviso per la mobilità e 140 attraverso la stabilizzazione dei precari (da realizzare attraverso un concorso straordinario).
In queste ore, denunciano in una nota, «giungono voci di presunti ricorsi da parte di coloro che hanno firmato contratti a termine per poi, evidentemente, far finta che non lo sapevano, coloro che vantano l’orgoglio di aver tenuto in piedi una sanità locale che senza di loro sarebbe andata al collasso». Come in tutte le situazione ingarbugliate, è cominciata la guerra ‘tra poveri’.
Da un lato l’aspettativa di chi ha vinto un concorso fuori e conta di tornare a casa ora che la sanità molisana può tornare ad assumere. Dall’altro quella di chi in questi anni ha lavorato negli ospedali regionali con contratti a tempo ma che pensa che quel che ha dato in termini di impegno in qualche modo debba essere ripagato.
Il braccio di ferro era evidente già quando, qualche settimana fa, è stato siglato l’accordo per la proroga di tutti i precari in attesa che si concludano le procedure di stabilizzazione. Secondo alcuni, e secondo alcune sigle sindacali, il fabbisogno va coperto stabilizzando prima tutti i titolari di rapporti a termine. Ribattono gli infermieri ‘emigrati’ per lavorare che si tratta di una «distorta interpretazione del dl Madia», si tratterebbe di stabilizzare «tutti i precari della sanità molisana, per giunta senza concorso, senza considerare che tale seppure auspicabile esperienza, oltre a essere contraria ai principi stabiliti per legge, la quale riserva a tale meccanismo soltanto il 50% delle vacanze occupazionali, allo stato attuale delle cose determinerebbe la perdita di un diritto acquisito, il sacrosanto diritto di ricongiungersi alle proprie famiglie, per altre 140 persone e sancirebbe anche una preclusione per tutti quei giovani professionisti sanitari che verrebbero esclusi per molti dei prossimi anni da qualsiasi speranza di poter tentare un concorso». Si può «usucapire un impiego nella Pubblica amministrazione?», si chiedono.
Gli ‘infermieri che lottano’, quindi, chiedono a Regione e Asrem a concludere al più presto la procedura di mobilità per gli infermieri e annunciano l’intenzione di difendere i propri diritti in ogni sede e nei modi più opportuni.

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