La comunità assolve il prete, anzi non ritiene nemmeno che andasse messo sul banco degli ‘imputati’ del tribunale mediatico.
Gli ex parrocchiani del sacerdote accusato di pedofilia da Giorgio Babicz non hanno paura di dire la loro opinione sul caso e si concedono tranquillamente ai microfoni e alle telecamere di Pomeriggio 5. La trasmissione di Mediaset, condotta da Barbara D’Urso, ieri si è occupata della delicata vicenda che da settimane tiene banco in provincia di Isernia e che, recentemente, è balzata agli onori delle cronache nazionali. È stato proprio il 34enne, presunta vittima di abusi, a raccontare sui social e agli organi di stampa i fatti che lo avrebbero visto protagonista, suo malgrado, e sempre lui ieri ha rincarato la dose proprio dagli studi di canale 5. Le persone che risiedono nel paesino in cui anche Giorgio ha vissuto per anni non credono a una sola parola, considerando il loro ex parroco integerrimo.
«I miei nipoti, i figli delle amiche e tutti i paesani hanno frequentato la sua chiesa– le parole di una signora -, ma mai nessuno ha notato qualcosa che non andava».
«Non si è mai permesso di usare le mani – ha raccontato all’inviato Vito Paglia un giovane del posto che da bambino è stato a contatto col sacerdote -, né di lasciare intendere un atteggiamento ambiguo con noi».
«Non posso crederci perché ho conosciuto sia il parroco sia Giorgio – il commento di un’altra cittadina -. Quel prete è la persona che gli ha dato una sistemazione e un avvenire».
«Se è vero vuol dire che abbiamo sbagliato tutti a giudicare innocente il sacerdote», la dichiarazione di un’altra signora e poi in conclusione c’è chi si interroga sul perché questa denuncia sia arrivata solo dopo tanti anni di distanza da quello che sarebbe avvenuto nella casa canonica.
Il ragazzo polacco ha ripercorso ancora una volta gli anni in cui ha vissuto in quel piccolo centro del territorio pentro, lì dove era arrivato proprio con il religioso che deteneva la sua tutela, per volontà dei genitori. Ha ribadito che in quel periodo, dai 12 ai 17 anni, sarebbe stato fatto oggetto di attenzioni ‘poco cristiane’ da parte del religioso che gli aveva offerto la possibilità di studiare e garantito un sostentamento economico.
«Ho riconosciuto tutte queste persone – ha commentato in diretta Giorgio -. Erano tute vicine alla Chiesa e non possono parlare contro sé stesse. Il vescovo ha risposto solo adesso che il fatto è diventato pubblico». Alla domanda della conduttrice su eventuali prove in suo possesso ha risposto: «All’epoca non c’erano i telefonini e le registrazioni, ma la mia testimonianza e la mia vita sono il prodotto di questa volontà di controllarmi di quel tempo».
Poi è tornato a chiedere giustizia, così come sta facendo da giugno, da quando ha depositato una denuncia alla procura di Isernia e una lettera alla Curia, indirizzata direttamente al vescovo Camillo Cibotti. Da allora qualcosa si è mosso. Le indagini della magistratura stanno per concludersi, dopo che il procuratore capo Paolo Albano si è occupato personalmente degli accertamenti, di sicuro complessi, considerando che i fatti denunciati sarebbero avvenuti più di 17 anni fa. Di pari passo sta procedendo l’indagine interna alla Chiesa e per ora i tre ecclesiastici coinvolti, risultano destinatari di un provvedimento disciplinare canonico.
Vivida

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