I fatti risalgono al 2012. Una donna, caduta accidentalmente per le scale di casa, viene trasportata al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli con un trauma cranico. Dopo gli accertamenti, la 75enne viene trasferita nel reparto di Neurochirurgia ma le sue condizioni, dopo qualche ora, precipitano, fino al decesso nel reparto di Rianimazione. Una morte che secondo i familiari poteva essere evitata. Scatta così la denuncia per 4 medici del reparto di Neurochirurgia che finiscono sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio colposo.
Per la famiglia il direttore del reparto Leandro Tomeo e i neurochirurghi Massimo Ianiri, Giovanni De Caro e Maria Michela Niro, a causa di condotte omissive, avrebbero provocato il decesso della donna. Grave anche l’accusa del pubblico ministero – secondo cui la donna doveva essere operata immediatamente, visto che c’era un’emorragia in atto – che nella sua requisitoria ha chiesto 1 anno e sei mesi di reclusione per i 4 medici. Ieri, dopo lungo processo partito nel 2015, i giudici di via Elena hanno messo il primo punto alla vicenda. Tutti assolti: Tomeo, De Caro e Niro con formula piane, mentre Ianiri con formula dubitativa. Il giudice del Tribunale di Campobasso Roberta D’Onofrio ha accolto la tesi difensiva degli avvocati che, avvalendosi anche di perizie tecniche, sono riusciti a dimostrare che non c’è stata alcuna omissione.
«I medici si sono scrupolosamente attenuti alla procedura prevista – ha commentato l’avvocato Angelo Cutone, legale di uno dei 4 medici imputati – ed hanno formulato una corretta diagnosi. Oggi (ieri, ndr) dopo un procedimento molto lungo e complesso, siamo riusciti a ricostruire l’esatta dinamica dei fatti e accertare la verità». Insomma, nonostante gli sforzi profusi e gli esami e accertamenti del caso effettuati all’ospedale di contrada Tappino, quella morte non si sarebbe potuta scongiurare. Di diverso avviso la famiglia della vittima che nel processo si è anche costituita parte civili. Gli avvocati Silvio Tolesino e Alessandra Carlomagno, non escludono il ricorso in Appello: «Aspettiamo di conoscere le motivazioni della sentenza – hanno commentato – poi valuteremo le eventuali azioni da intraprendere».

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