Abbiamo perso anni di lavoro, di sacrifici, di storia. L’editore, che nonostante tutto continua a credere in questa folle avventura, ha perso migliaia di euro. L’archivio di un quotidiano, di una televisione, è il valore più grande che una redazione possa possedere.
È bastato un clic di qualche criminale senza scrupoli per rendere inutilizzabili migliaia, probabilmente milioni di file, messi insieme con cura da tutti coloro che vivono quotidianamente le redazioni di Primo Piano Molise e Teleregione.
Forse sarà il caso e questo, me lo auguro davvero, spero sia la magistratura ad accertarlo. Ma il gruppo imprenditoriale che fa capo alla famiglia Ricci e di cui fanno parte anche Primo Piano e Teleregione da più di un anno sta subendo attacchi informatici degni di una eccellente sceneggiatura hollywoodiana. Attacchi che hanno causato perdite per centinaia di migliaia di euro.
Tutto ha inizio più di un anno fa quando uno dei dirigenti di una delle più importanti aziende del gruppo si accorge che qualcuno, fraudolentemente, aveva chiesto il duplicato di diverse schede telefoniche intestate alla società, indicando come luogo di recapito una città del Nord. L’azione criminale è andata avanti con ulteriori richieste di duplicati, avanzate con carta intestata e documenti di riconoscimento riconducibili alla società frodata.
Più o meno stessa dinamica con diverse carte di credito, sia intestate alle società, sia intestate a persone fisiche. Quest’ultima circostanza ha rafforzato la percezione che chi ha operato lo ha fatto perché in possesso di capacità di penetrazione nei sistemi informatici davvero notevoli. Non è affatto semplice violare la sicurezza di un circuito di una carta di credito o di una banca. Eppure è accaduto con una serie di raggiri e artifizi che hanno dell’inverosimile e che sono indice di un livello assai elevato di criminalità.
Lo stesso è accaduto con l’azienda che cura la contabilità del gruppo.
In ultimo, venerdì sera, l’attacco al server di Teleregione. Erano circa le 20.30 quando uno dei tecnici in servizio ha intuito che qualcosa non andava nell’archivio dove sono custodite le immagini realizzate quotidianamente.
La circostanza, qualche minuto più tardi, è stata riscontrata anche dai grafici di Primo Piano Molise.
Immediatamente è stata messa al corrente di quanto stava accadendo la società che gestisce la sicurezza informatica delle due testate e l’ufficio legale del gruppo.
Gli informatici, intuita la gravità dell’attacco, hanno isolato i server, hanno raccomandato di concludere in fretta le operazioni in corso e di mettere in sicurezza tutti i pc in uso.
Questo accadeva venerdì 9 febbraio.
La società ha lavorato per tutta la notte, andando avanti fino a sabato pomeriggio. L’emergenza sembrava tutto sommato rientrata, a prescindere dai danni causati all’archivio che sono ancora in via di quantificazione. È accaduto, però, che sabato sera, nell’invio dei file delle singole pagine alla tipografia che si occupa di stampare Primo Piano Molise, il grafico incaricato si è accorto che diverse pagine non erano quelle lavorate dalla redazione, ma si trattava di file vecchi di qualche giorno. Le ha sostituite con quelle esatte e ha trasmesso, mediante un programma a cui (in teoria) hanno accesso solo la redazione e la tipografia, i file esatti.
Lunedì mattina l’ennesima, ulteriore, amara sorpresa: in tipografia domenica notte non sono arrivati i file delle pagine realizzate quello stesso giorno dalla redazione, ma quelli di venerdì, che poi è il giorno in cui siamo stati oggetto di attacco.
Potrei dire e scrivere milioni di cose, mi limito ad alcuni concetti fondamentali, intanto per la tenuta delle aziende editoriali del gruppo Ricci ma anche per la tenuta di tutte le altre aziende, molte delle quali operano a migliaia di chilometri dal Molise.
Pensate solo per un attimo ai danni che può causare un criminale che riesce ad inserirsi nel sistema informatico di un’azienda e a impossessarsi dei dati sensibili, come, ad esempio, il codice fiscale e il documento di riconoscimento dell’amministratore della stessa. Poi riesce a chiedere e a ottenere il duplicato della scheda telefonica e della carta di credito in uso allo stesso amministratore.
Può eseguire acquisti illeciti in nome e per conto della società. Può acquistare un biglietto aereo che poi sarà utilizzato da un altro criminale per spostarsi – è solo un esempio – dalla Siria all’Italia. Può chiedere un riscatto, commettere delitti, acquistare stupefacenti, eseguire transazioni illecite: tutte operazioni commesse dal o dai malviventi ma riconducibili all’identità rubata all’azienda.
Nulla di inedito, per carità. La criminalità è sempre esistita e forse esisterà sempre. Ciò che disorienta è l’assuefazione dello Stato rispetto a certi crimini, che continuano a restare impuniti.
Tutto quanto narrato è stato a tempo debito e immediatamente reso noto alle competenti autorità. Ma i criminali, ad oggi, non sono stati né individuati, né puniti.
È bene sgombrare subito il campo: gli organi di Polizia sono stati celeri nell’accertare e documentare i fatti accaduti. Grosse lacune, invece, nelle fasi successive. Lacune probabilmente dovute a carenze normative che non consentono a chi indaga di poter operare come quando avviene una rapina o un omicidio.
L’editore, che prima di finanziare Primo Piano Molise e Teleregione è un imprenditore, avverte un grande senso di impotenza.
«Al di là della notevole importanza del danno economico – spiega Sabrina Ricci – avvertiamo una sensazione di smarrimento rispetto ad avvenimenti che stanno mettendo seriamente a rischio le nostre aziende. Ci hanno sottratto documenti, si sono impossessati delle nostre identità, hanno clonato carte, conti, password. Hanno prelevato documenti di riconoscimento. Ogni avvenimento è stato puntualmente e dettagliatamente denunciato. Il tempo di riacquistare la serenità e siamo punto e a capo. È accaduto con le imprese di costruzioni, con le società di servizi, con il quotidiano e la televisione».
Nessuna prova, ma è inevitabile pensare ad una sola e unica regia.
Da quando abbiamo reso noto cosa stava accadendo, sono pervenute centinaia di telefonate. I primi ad essere solidali i lettori, insieme agli edicolanti. L’Ordine dei giornalisti e l’Assostampa. La politica. Una solidarietà immensa e per certi versi anche inattesa. Una solidarietà che ci dà la forza per andare avanti nella nostra missione, che è quella di informare sempre e comunque, senza condizionamenti e senza mai scendere a compromessi.
Resta forte, tuttavia, «il senso di impotenza e esasperazione. Avvertiamo – ancora Sabrina Ricci – l’assenza dello Stato. Abbiamo perso anni di immagini, foto, testi. Ancora non quantifichiamo il danno, ma sarà ingente. E questo della tv e del giornale è solo l’ultimo di una serie di episodi che ha minato seriamente la stabilità anche e soprattutto emotiva delle persone che lavorano con noi. Ciò che avvilisce ed esaspera è l’impiego di risorse e tempo per far fronte alle continue emergenze che da oltre un anno siamo costretti a tamponare. Pensare che sconosciuti possano agire in nome e per conto delle nostre aziende e immaginare che lo facciano nella totale impunità genera sconforto. Negli ultimi 12 mesi abbiamo documentato con dovizia di particolari all’autorità giudiziaria tanti accadimenti che hanno messo a rischio le nostre attività. Cos’altro è necessario fare per essere tutelati? Se può servire a qualcosa sono pronta a incatenarmi davanti al ministero della Giustizia. Avverto la responsabilità di decine di famiglie il cui futuro è legato alla tenuta delle nostre imprese: ce ne facciamo carico come abbiamo sempre fatto, ma allo stesso tempo sento forte lo sconforto tipico di chi lotta contro i mulini a vento, contro la burocrazia, contro la mancanza della certezza della pena. Lo Stato, va detto con forza, non ci assiste e non ci tutela. È lo Stato che ha introdotto e imposto una serie di innovazioni che richiedono inevitabilmente l’impiego on line di codici, documenti, carte, password. E da cittadina, ancor prima che da imprenditrice, ritengo doveroso che quello stesso Stato si faccia garante di un sistema che ha voluto. Non puoi costringermi a pagare con moneta elettronica, ad assolvere al 90% degli obblighi previsti solo ed esclusivamente mediante procedure telematiche (penso, ad esempio, alla trasmissione dei documenti fiscali, alle visure, alle richieste agli enti e alle istituzioni) e non prevedere che le organizzazioni criminali per via di quella transazione o di quella comunicazione che tu mi hai indotto ad eseguire mettano a rischio la mia azienda. Spero vivamente che il legislatore si faccia carico delle conseguenze che scaturiscono dalla violazione dei sistemi informatici e prenda subito le necessarie contromisure. Così non va, non si può lavorare per porre rimedio alle mancanze altrui. Ore e ore solo per ricostruire, capire, indagare, studiare come evitare che accada di nuovo. Che nella vita delle imprese ci siano gli imprevisti fa parte del rischio, ma se poi l’imprevisto diventa ordinario, non è difficile, ma impossibile andare avanti».
Luca Colella

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