Sono aumentati i detenuti, ma pure gli atti di autolesionismo. Nel 2017 ne sono stati riscontrati 67 (414 i reclusi) e sono stati raccolti in due dei tre penitenziari, Campobasso e Larino. Per l’anno scorso, infatti, non sono pervenuti i numeri del carcere di Isernia.
Nel 2016, e in questo caso i dati sono relativi a tutte e tre le strutture, gli atti di autolesionismo erano stati 42 (341 i detenuti). Dal 2013, primo anno del raffronto, un aumento costante.
Anche i tentati suicidi sono cresciuti: 8 nel 2017, 6 nel carcere di Campobasso e 2 in quello di Larino. L’anno prima erano stati appena 2, nel carcere di via Cavour nel capoluogo di regione.
Non si è registrato, però, nessun suicidio.
Numeri, questi, che sono la base di partenza del piano regionale per la prevenzione dei suicidi e degli atti di autolesionismo nelle carceri molisane approvato con delibera della giunta Toma 318 del 30 giugno scorso insieme al recepimento delle linee guida nazionali. A sua volta, il piano regionale detta le azioni principali da attuare con i piani locali (che ogni penitenziario dovrà approvare).
L’incremento dei casi di autolesionismo e dei tentati suicidi – si legge nel piano regionale redatto dall’Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria il 16 marzo scorso – può essere in parte spiegato se si considera che negli anni 2013-2017 nei penitenziari molisani «c’è stato un aumento costante dei detenuti presenti (con un attuale sovraffollamento superiore al 50% della capienza regolamentare, maggiore del dato nazionale e delle altre singole regioni), soprattutto della percentuale di detenuti stranieri».
Le differenze, invece (sia nei numeri sia nei tassi di autolesionismo e tentato suicidio), fra le tre strutture sono rilevanti. Risultati che risentono probabilmente delle importanti differenze tra i vari istituti, in termini organizzativi, di popolazione detenuta, delle tipologie di reato, di turnover. Il dato – avvertono gli esperti dell’Osservatorio – va comunque interpretato con cautela, visti i numeri bassi. In media nel periodo 2013-2017, la percentuale di autolesionismo più alta è stata registrata nel carcere di Campobasso, la più bassa in quello di Isernia. Per quanto riguarda il numero di tentati suicidi nei 5 anni considerati, la più alta è stata registrata sempre nella casa circondariale di Campobasso e quella più bassa sempre in quella di Isernia.
Dalla rilevazione del rischio alla gestione dei casi in cui è possibile che il detenuto compia gesti di autolesionismo o tenti di togliersi la vita: il piano prevede una serie di azioni da mettere in campo e a sistema.
Particolare attenzione, per esempio, va prestata al momento dell’ingresso del detenuto nel penitenziario: è importante reperire tutti i dati e gli elementi che inquadrino la sua situazione. Familiari, avvocati e magistrati: nei colloqui con i reclusi sono in grado di captare condizioni di fragilità, un confronto costante con loro, un monitoraggio mirato sono utili a prevenire. Momenti di tensione particolare sono, per esempio, i giorni delle udienze, i trasferimenti, la notizia di una malattia grave, della condanna. E anche, potrà sembrare strano, la dimissione dal carcere. Il ritorno al mondo libero, specialmente dopo aver scontato pene detentive molto lunghe, può costituire la fine di una certezza: «I ritmi della vita penitenziaria, a cui il soggetto è abituato, proprio per la loro invasività, possono proteggere, entro certi limiti, dagli eventi esterni. Il timore della re-immissione in libertà potrebbe, invece, far riemergere nel dimettendo sensi di insicurezza, di precarietà e di preoccupazione per l’ignoto e per il futuro».
r.i.

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