«In materia di commercio, sicuramente entro l’anno, approveremo la legge che impone lo stop nei fine settimana e nei festivi a centri commerciali, con delle turnazioni e l’orario che non sarà più liberalizzato, come fatto dal governo Monti. Quella liberalizzazione sta infatti distruggendo le famiglie italiane. Bisogna ricominciare a disciplinare orari di apertura e chiusura»: lo ha detto a Bari, nel corso della visita alla Fiera del Levante, il ministro Luigi Di Maio.
Il disegno di legge della maggioranza gialloverde abroga i due articoli che hanno liberalizzato le aperture dei negozi e in particolare l’articolo 31 del cosiddetto “Salva Italia” varato dal governo Monti, che aveva introdotto la massima autonomia da parte degli esercizi. La norma attualmente in vigore prevede infatti che «le attività commerciali (…) e somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza il rispetto di orari di apertura e di chiusura, dell’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».
Il nuovo testo reintroduce la chiusura domenicale obbligatoria e affida agli enti territorialmente competenti, in particolare Comuni e Regioni, il compito di determinare il nuovo quadro delle regole, fissando un massimo di circa otto aperture straordinarie.
Chi da anni sta combattendo una battaglia per ottenere le chiusure domenicali è l’arcivescovo di Campobasso-Bojano Giancarlo Bregantini. Il prelato ha definito la legge che potrebbe mettere fine all’apertura dei centri commerciali la domenica «una grazia di Dio attesa da tante realtà, perché questa liberalizzazione è andata oltre l’etica. E l’economia senza etica, come dice papa Francesco, è sempre distruttiva».
Bregantini è stato per anni presidente della Commissione della Conferenza Episcopale Italiana per il Lavoro e sempre si è battuto contro l’apertura domenicale dei negozi. Il vescovo ha ricordato che fu Costantino ad introdurre, nel lontano 321, il riposo festivo. La chiusura domenicale consentirebbe di «recuperare la serenità nelle famiglie ma anche di ridare vita ad una economia di prossimità, quella delle uscite fuori porta, delle visite ai borghi. Si gode del creato e si alimenta una economia alternativa». Il vescovo ha sottolineato che c’è anche una questione religiosa: «La domenica per molti è ritrovarsi nella propria comunità per la messa, è il giorno della Resurrezione del Signore. Bisogna ribaltare l’idea che l’economia può tutto perché anche l’economia ha i suoi limiti e se vengono rispettati ci può essere addirittura una crescita e non una diminuzione – ha ribadito il capo della Diocesi, immaginando il ritorno alle domeniche dove le famiglie uscivano, trovavano il tempo per visite culturali per «la trattoria del paese». E ha spiegato ancora all’Ansa che non si tratta di «un ritorno al passato nostalgico» ma ad un recupero di «valori veri» che potrebbero avere un riscontro anche economico.
Poi ha parlato delle famiglie e racconta di una mamma che «la domenica cerca di andare al lavoro senza svegliare il figlio piccolo, con lui però che se ne accorge e gli chiede: “Anche oggi non giochi con me?” Con che cuore – si è chiesto il vescovo – quella mamma va a lavorare? Per vendere camicie in fondo ci sarebbero gli altri giorni. L’economia avanza con un’etica amica. Non va bene se impone, se taglia. Cresce invece se propone, se rispetta i valori».
ppm

Un Commento

  1. Emanuela scrive:

    Sarebbe meglio se la “famosa ” mamma perdesse il lavoro e al bambino che le chiede il necessario vitale dovesse rispondere non posso perché i soldi li avevo quando vendevo camicie la domenica ora posso sempre giocare con te ,ma non posso vestirti ,farti mangiare e pagare affitto e bollette???

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