Si riaccende la protesta fra gli ex operai della Gam. Per ora divampa la polemica, presto potrebbero esserci sit-in davanti alle istituzioni.
L’autunno caldo ha origine in numeri e dichiarazioni ufficiali. Ammonta a 36 milioni il valore degli investimenti annunciati dal gruppo Amadori in Abruzzo. È di 34 milioni il fabbisogno per ristrutturare e riattivare il macello di Bojano. Amadori si è impegnato a farlo nell’accordo chiuso il 28 febbraio 2017 al Mise e firmato per l’azienda dall’allora ad Massimo Romani. A fine anno, Romani lasciò (o fu invitato a lasciare). Da Cesena rassicurarono: gli amministratori passano, gli investimenti restano.
Fatto sta che le dichiarazioni del neo direttore generale Francesco Berti al ministero il 6 settembre avevano allarmato i rappresentanti dei lavoratori della Gam: le interferenze fra lotto 1 e lotto 2 non sono risolte, non è stato identificato un sito alternativo a quello di Monteverde, non c’è riscontro sul contratto di sviluppo, strumento che dovrebbe cofinanziare con soldi pubblici la riapertura del macello. E finché questi problemi non saranno risolti – così Berti – il progetto che riguarda la filiera molisana non sarà implementato. In sintesi: da inizio 2019 aprirà l’incubatoio (una trentina di assunzioni) ristrutturato col contributo del Psr Molise, per il resto si vedrà. Il timore – per qualcuno adesso è concreto mentre prima a parlarne era solo qualche involontaria Cassandra – è che il progetto del secondo player italiano del pollo possa fermarsi al minimo sindacale che pure Gam garantiva quando incubava le uova per Aia.
A riaccendere la miccia della protesta – oltre alle dichiarazioni di Berti a inizio mese -, l’incertezza sul rinnovo della cassa integrazione (che scade il 4 novembre) e la conferenza stampa che il 26 settembre hanno tenuto a Mosciano Sant’Angelo la responsabile comunicazione Francesca Amadori (figlia del presidente del gruppo Flavio), il dg Berti e il direttore operations Mauro Masini. «A Mosciano in particolare, dove lo stabilimento diventerà riferimento logistico per il centro e sud dell’Italia, e dove Amadori ha investito nel precedente quinquennio già 18 milioni di euro, sono previsti – scrive Il Centro – l’automazione, l’ampliamento delle capacità produttive, l’ulteriore sviluppo degli impianti di lavorazione dei sottoprodotti». In Abruzzo Amadori ha due siti produttivi, oltre a un incubatoio e allevamenti.
Prima dell’articolo del Centro, un servizio di TVSei diventa virale nelle chat dei dipendenti Gam. Se lo inoltrano l’uno con l’altro. I commenti sono di questo tenore: in Abruzzo milioni di investimenti, in Molise due giorni di lavoro a settimana all’incubatoio. La domanda che si pongono le maestranze è: un’azienda che potenzia due siti produttivi a poche centinaia di chilometri dal Molise realizzerà un investimento altrettanto imponente da noi? Su Facebook, alcuni postano i servizi sulla conferenza commentando: «Dedicato a chi voleva il grande imprenditore».
Giancarlo D’Ilio, rsu della Cisl, conferma a Primo Piano che la situazione è rovente. «Scriveremo al prefetto di Campobasso per chiedere un incontro urgente e vogliamo che venga riconvocata anche l’unità di crisi al Ministero. Si deve fare chiarezza una volta per tutte. Gli annunci di Amadori sull’Abruzzo e non una parola sul Molise e la sua filiera, dopo quello che hanno detto al Mise sui problemi per il macello. La cassa integrazione sta scadendo e ancora non sappiamo se la Regione ha avuto da Roma conferma che ci sono i fondi per rifinanziarla. E se Amadori porterà a termine il progetto qui in Molise comunque resteranno fuori un centinaio di persone. Bisogna trovare una soluzione per tutti, fare un piano che ci ricollochi perché noi vogliamo lavorare, a partire dall’attivazione dell’area di crisi che a quanto mi risulta è ferma».
Quando per l’affitto e l’acquisto dei beni del primo lotto della ex Arena arrivarono prima un’offerta e poi addirittura due (e in Tribunale la spuntò Amadori) tutti commentarono: meno male, non si è ripetuta la maledizione dello Zuccherificio (i cui bandi di vendita andavano deserti). «L’imprenditore nel nostro caso c’è – ribadisce D’Ilio – Sarebbe assurdo fare la fine di altri colleghi molto più sfortunati di noi».
«Grande preoccupazione» anche da parte della Flai Cgil che con Mauro Latessa rimarca come «due anni fa i lavoratori accettarono un accordo per far ripartire la filiera avicola molisana, cosa che ancora non avviene. Non ci interessano le colpe, ma fare qualcosa per evitare lo stallo. Purtroppo noto che la cosa viene sottovalutata». Oggi pomeriggio nella sede della Cgil a Campobasso una riunione operativa dei lavoratori per decidere le prossime mosse.

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