Martedì saranno in presidio davanti alla Prefettura di Campobasso. Alla rappresentante del governo Maria Guia Federico chiederanno un incontro in queste ore. «Se non avremo risposte, siamo pronti ad azioni eclatanti».
Giancarlo D’Ilio sintetizza così la riunione che ha visto nella sede della Cgil una partecipazione anche più nutrita del previsto. La vertenza della filiera avicola va avanti da così tanto tempo che i primi ad essere stanchi di incontri e discussioni sono gli ex dipendenti della Solagrital, poi Gam. Oggi nel limbo: formalmente bacino da cui Amadori che ha rilevato incubatoio e macello dovrà attingere in prima battuta per il riavvio delle attività ma con il fondato timore di non passare alle dipendenze del colosso romagnolo (che assumerà 30 di loro a tempo determinato a inizio 2019 all’incubatoio mentre per il macello è tutto in alto mare) e di restare senza sostegno al reddito.
La cassa integrazione scade il 4 novembre, per rinnovarla c’è poco tempo e ci sono troppi adempimenti: tra questi il rinnovo del fitto di ramo d’azienda con Solagrital e la copertura della quota di Tfr (a carico della Regione perché Gam è in concordato). «Si rischia di restare qualche mese senza sostegno al reddito», dice Agostino Ranaudo (rsu Uil).
D’Ilio (rsu Cisl) pone l’accento anche sulla mancata attivazione da parte della Regione delle misure di ricollocazione e accompagnamento alla pensione previste dall’accordo siglato a Roma a fine febbraio 2017. «La Regione si deve assumere la responsabilità di mettere in sicurezza tutti». La Gam, aggiunge Mario Izzi, è una partecipata di Palazzo Vitale: «La politica deve risolvere il problema ma non ha la volontà di farlo».
Tutti e tre esprimono preoccupazione dopo aver visto i servizi e letto gli articoli della stampa abruzzese sugli investimenti annunciati da Amadori due giorni fa per potenziare i siti produttivi in quella regione, a partire dallo stabilimento di Mosciano Sant’Angelo. Ranaudo, che non risparmia critiche alle procedure fallimentari perché «non sono state in grado di mettere all’asta in tempi relativamente brevi i lotti» (il secondo lotto ancora invenduto e le interferenze strutturali col primo assegnato dal Tribunale di Campobasso a una società del gruppo Amadori sono fra le criticità che i romagnoli indicano come la causa del mancato avvio del progetto di ristrutturazione del macello), riflette che l’investimento da 36 milioni in Abruzzo oggettivamente «pone in difficoltà il sito di Bojano».
D’Ilio ribadisce che è necessario riconvocare l’unità di crisi ministeriale «per capire bene cosa vuole fare Amadori qui in Molise».
Izzi non dimentica che il colosso di Cesena si è aggiudicato i beni al termine di una guerra di rilanci con la Dasco di Roseto: «Un milione in più o in meno non cambiava molto ma tutelava 250 dipendenti. Amadori è un imprenditore serio, ma non dava garanzie per una ripartenza immediata
L’altra azienda aveva proposto un milione in meno ma una ripartenza di lì a un anno e non solo sulla carta».
E se nei confronti di Amadori tra le maestranze si registra tensione, proprio in queste ore – dopo settimane di silenzio – nell’ambiente della filiera avicola hanno ricominciato a circolare indiscrezioni sull’interesse del primo player italiano del settore, Aia, per la realizzazione di un incubatoio in Molise. Interesse che l’azienda ha dichiarato qualche mese fa al neo governatore Toma e che sarebbe confermato, secondo i bene informati. Dopo essersi guardati attorno per costruire un sito nell’area del Matese, ora invece la scelta sarebbe ricaduta sul basso Molise, forse nelle Piane di Larino. In base agli allevamenti che Aia ha già in regione, i numeri produttivi sarebbero elevati: si parla di un investimento da 16 milioni per realizzare un incubatoio in grado di trattare un milione di uova a settimana. Ricaduta occupazionale, evidentemente importante. Non è la prima volta che circolano queste voci nell’ambiente. Chissà che questa non sia la volta buona.
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