Si può definire una delle ‘menti brillanti’ che la nostra regione si è lasciata ‘ingenuamente’ sfuggire. “Fuga di cervelli”, così la chiamano, e coinvolge un numero sempre più elevato di giovani molisani. Una generazione pronta a fare i bagagli perché qui non trova sbocchi lavorativi o non riesce a realizzare i propri sogni. Ma nel cuore di chi parte resta sempre un punto fermo, ossia il legame con la propria terra, con le tradizioni e le passioni di una vita. Tra queste preziose risorse c’è anche Simona Palladino, ricercatrice campobassana trapiantata a Newcastle da ormai 4 anni.
All’orizzonte la realizzazione di un progetto ambizioso che mira a promuovere l’italianità nel mondo e fornisce un quadro dettagliato di chi, nonostante il tempo, porta sempre il Belpaese nel proprio cuore. È lei a spiegarcelo in un’intervista.
Simona, parlaci un po’ di te.
«Sono nata a Campobasso e ho appena compiuto 33 anni. Ho frequentato il Liceo Linguistico “Pertini” perché, già da adolescente, avevo tanta voglia di viaggiare, imparando l’inglese e il francese. Negata per il tedesco! All’età di 18 anni mi sono trasferita a Roma, dove ho studiato Psicologia a “La Sapienza”. La sera lavoravo come mascherina al Teatro Olimpico, avvicinandomi così al mondo delle arti. Dopo 7 anni di mondanità romana, nel 2011 ho deciso di dare una svolta alla mia vita e ‘volare’ all’estero. Mi ha accolto la cattedra di Psicologia del Dipartimento di Portsmouth, in Inghilterra, dove ho iniziato la mia attività di video-ethnograper».
Ecco, parliamo di questo. Cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
«Quando ho lasciato l’Italia nel 2011 era un anno difficile per l’economia nazionale. Molti ragazzi della mia generazione, neo-laureati, sono stati incoraggiati a lasciare l’Italia per opportunità lavorative. Sembrava essere l’unica via d’uscita per coltivare le proprie ambizioni. Cosi, non so se ho proprio scelto di emigrare, o se mi sono fatta influenzare da chi definiva la ‘mobilità giovanile’ come attraente.  Ad ogni modo, ora mi sento molto più una cittadina europea rispetto a prima, e mi piace sottolinearne i vantaggi. Sia in termini di competenze professionali acquisite sia nell’apertura mentale verso il rispetto delle diversità».
E poi cosa è scattato in te?
«Dopo il primo step fuori dall’Italia, ho capito che mi piace confrontarmi con altre culture e apprendere modi di lavorare, così, il passo successivo è stato Bruxelles, al Parlamento Europeo e l’Università Libre de Bruxelles, per un progetto Leonardo. Non mi bastava, e cosi è iniziata l’esperienza in Danimarca, per un progetto SVE. Nazioni diverse, modi pensare e pratiche diverse, mi hanno spinto a chiedermi cosa cambia nell’identità delle persone quando sono in ‘mobilità’ tra luoghi diversi. E di questo quesito ne ho fatto un progetto di ricerca per la Newcastle University, per cui lavoro da 4 anni ormai. La mia tesi di dottorato è stata consegnata e sarà discussa a dicembre. Da questi percorsi di studio sul senso di appartenenza ai luoghi ed esperienze personali di viaggio è nato il mio quesito più grande che mi ha spinto a scrivere un progetto di dottorato, che riguarda il senso di affezione ai luoghi: place attachment e place identity».
Parlaci un po’ della tua ‘creatura’: “Age is just a bingo number”.
«Il documentario ‘Age is Just a bingo number’ e un prodotto della mia ricerca di dottorato che racconta le storie di migrazioni di una comunità di italiani e molisani emigrati a Newcastle upon Tyne. Mette in luce i loro bisogni che si spera vengano accolti da policy makers. Sarà proiettato per la prima volta in Italia a Campobasso il 12 novembre all’ex Gil, grazie alla sensibilità dell’assessore Cotugno. Di seguito all’Unimol il 14 novembre e infine il 16 novembre presso l’Ordine degli Psicologi del Molise.
Il progetto è finanziato da EngageFMS, Institute of Creative Arts Practices e Film@CultureLab di Newcastle University».
Cosa ti manca del Molise o cosa provi quando torni a casa?
«Non ho mai smesso di amare il mio Molise. Ci torno ogni volta che posso e racconto ai miei amici e familiari quanto sono fortunati. Ho coltivato un lungo interesse per i beni immateriali intangibili della Regione Molise e oggetti della civiltà contadina a cui ho dedicato la tesi di laura magistrale e triennale con la supervisione del professore Vincenzo Padiglione della Sapienza di Roma. È stato lui ad insistere che dovevo tornare in Molise e intervistare tutti i curatori di piccoli musei demo-etnoantropologici della regione. E cosi è stato.
Lui mi diceva sempre: “Se vuoi andare lontano, devi sapere conoscere bene le tue radici”. Mi sono messa in viaggio alla scoperta del Molise con una video camera come amica: da Scapoli, Castel San Vincenzo, Sant’Elena Sannita, fino a Toro, Jelsi, Larino, a bordo di una Tipo verde, come quella del commissario Montalbano!».
Come accennato la ricercatrice molisana nei giorni scorsi ha ricevuto il plauso dell’assessore al Turismo, alla Cultura e molisani nel mondo, Vincenzo Cotugno, che di lei ha detto: «Una giovane mente, una figlia della nostra terra, che si sta distinguendo all’estero nel ruolo di ricercatrice».
Il film-documentario “Age is just a bingo number”, a breve sarà in visione nelle sale cinematografiche di diversi paesi del mondo ma si preannuncia già come un successo da non perdere.
SL

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