Una ‘performance’ alquanto deludente quella di Campobasso che in materia di politiche ambientali ed ecosostenibilità è una delle città peggiori d’Italia. Lo certifica Legambiente a fronte dei risultati della 25ª edizione di Ecosistema urbano (presentata ieri a Milano), l’ indagine che si basa su 17 parametri raggruppati in 5 macroaree (aria, acqua, rifiuti, trasporti, ambiente, energia). A fronte di un ipotetico punteggio di 100 che spetterebbe a un capoluogo in grado di rispettare tutti i limiti di legge e di garantire una buona qualità ambientale per ognuno degli indicatori considerati, Campobasso raggiunge solo 45,296 punti, piazzandosi al 77esimo posto della classifica nazionale.
Per una visione d’insieme della qualità dell’aria, le città sono state divise in cinque classi: nella prima, la migliore, compaiono quelle che rispettano tutti i valori guida OMS – più restrittivi rispetto alle norme UE – per Pm10, Pm2,5 e NO2. Nell’ultima compaiono invece i centri urbani che superano per almeno due parametri i limiti della normativa comunitaria sia per Pm10 e Pm2,5 che per NO2 e O3. Campobasso è stata inserita nella penultima categoria, quella definita insufficiente.
Ma le noti dolenti arrivano per il consumo dell’acqua e la dispersione idrica: il capoluogo registra il 70% di perdite idriche, una delle percentuali più alte d’Italia. Maglia nera pure per la raccolta differenziata: la percentuale è ferma al 13,57%, un dato che fa sprofondare il capoluogo al 97%posto della graduatoria (su 104 posizioni).
Pochissime pure le isole pedonali in città. Il report rivela in 0,05 metri quadrati l’estensione di isole pedonali per abitante: uno dei dati peggiori dello Stivale.
«Quella urbana – sottolinea Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è grande questione nazionale. E non si può lasciare solo alla capacità e alla buona volontà di questo o quel sindaco la scelta se affrontare o meno – e con efficacia – criticità, inefficienze, emergenze. Dalle amministrazioni locali si deve certamente pretendere molto più coraggio, molta più discontinuità e capacità di innovazione, ma nello stesso tempo è il Paese che deve fare un investimento politico ed economico e mettere tra le priorità di governo un piano per traghettare le città, tutte insieme e non una alla volta, al di là delle secche.
Serve un governo delle città a livello nazionale. Non bisogna rispolverare il ministero delle Aree urbane di 30 anni fa, quanto piuttosto una politica governativa trasversale sulla riconversione ecologica delle città che guidi in modo sinergico le azioni dei vari dicasteri a vario titolo coinvolti, dall’Ambiente alle Infrastrutture, dalla Salute ai Trasporti, fino ad arrivare allo Sviluppo economico».

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