Nel 2017, 49.152 donne in Italia si sono rivolte ai centri antiviolenza, di queste 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dagli abusi. Il numero medio di donne prese in carico dai centri (115,5) è massimo al Nord-est (170,9) e minimo al Sud (47,5). Il 26,9% delle donne è straniera e il 63,7% ha figli, che sono minorenni in più del 70% dei casi.
In Molise 34 donne hanno contattato il centro regionale, 40 quelle di cui la struttura si è occupata in totale: di queste 34 ‘nuove prese in carico’, 16 inviate alla struttura dai servizi territoriali, 7 le straniere. Tre delle donne prese in carico sono state poi indirizzate ai servizi territoriali, una è stata accolta in altra struttura e 20 hanno rinunciato o interrotto il servizio. L’unico centro presente in Molise segnala, nella prima indagine che l’Istat ha condotto in collaborazione con il Dipartimento per le Pari opportunità, le Regioni e il Cnr, difficoltà ad accogliere per indisponibilità di posti.
Quanto alle figure professionali, il centro regionale conta su 12 unità (fra cui una responsabile, un’operatrice di accoglienza, una psicologa, un’educatrice, un’assistente sociale e un’avvocatessa).
In totale, 291 le strutture monitorate dal report reso noto ieri, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Accanto ai numeri Istat, ci sono quelli della Polizia di Stato. Se nei primi 9 mesi del 2018 si registra una diminuzione del 19% degli omicidi volontari (da 286 a 231), a conferma del trend degli ultimi 10 anni, rispetto a questo arco temporale il numero delle donne uccise è diminuito di sole 3 unità (da 97 a 94 casi), mentre quello degli uomini del 28%. Allo stesso modo, se il 78% delle uccisioni di donne avviene tra le mura domestiche, non tutti gli omicidi di donne in ambito familiare sono femminicidi: solo 32 casi sui 94 registrati nei primi mesi del 2018, infatti, possono ricondursi a questa tipologia, mentre gli altri sono dipesi da ragioni economiche (liti, eredità) o altre dinamiche.
Anche i cosiddetti “reati spia” – maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali – risultano in diminuzione nel quadriennio 2014-2017 e nei primi 8 mesi del 2018 confrontati con lo stesso periodo dell’anno precedente. A misurarli sono le denunce ricevute dalla Polizia e gli arresti effettuati, che descrivono un fenomeno diffuso, a livello territoriale, in tutto il Paese, con la Sicilia in testa alle regioni dove le donne denunciano di più, seguita da Campania ed Emilia Romagna.

Case rifugio e soccorso sanitario, Toma: ecco cosa abbiamo realizzato

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il governatore Donato Toma fa il punto su quanto realizzato dalla Regione.
È stata costituita la rete antiviolenza allo scopo di condividere azioni e interventi con soggetti pubblici e privati che si occupano della materia. «Oltre a ciò, è stato posto in essere – rileva Toma – un modello organizzativo dei servizi su tutto il territorio, che ha il suo punto di forza nella semplificazione dell’accesso e nella razionalizzazione delle risorse. L’esperienza maturata ha permesso l’acquisizione di una puntuale conoscenza del problema e delle modalità operative funzionali a costruire un percorso individualizzato di concreto riscatto dalla condizione di dipendenza e soggezione.
Non va dimenticato che le vittime di violenza sono portatrici di bisogni complessi, che richiedono un’assistenza globale e l’impiego di professionalità capaci di operare, in modo integrato, sulla base di metodologie condivise. Nel Molise si è optato per una gestione pubblica della materia, affidando agli Ambiti territoriali sociali – che operano in collaborazione con l’associazione Be Free e che hanno come capofila l’Ats di Campobasso – la realizzazione dei tre centri antiviolenza, a Campobasso, ove ha sede anche la casa rifugio, a Termoli e a Isernia. Gli operatori dei centri svolgono, inoltre, interventi nel campo della prevenzione».
In prospettiva, aggiunge, «il recepimento, da parte della giunta regionale, delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, consentirà all’Asrem di organizzare un sistema di accoglienza idoneo e qualificato».
A consuntivo, dice, «i risultati conseguiti ci portano a valutare positivamente quanto fin qui è stato fatto e ci spingono a impegnarci ulteriormente per un’implementazione dei progetti, a partire dall’organizzazione di percorsi formativi rivolti agli operatori degli enti locali, delle forze dell’ordine, del servizio sanitario regionale, oltre – conclude il presidente – a una capillare campagna di sensibilizzazione».

Micone: tema culturale, servono azioni condivise

Il 29 novembre in Consiglio regionale la cerimonia per l’iniziativa “Posto occupato”: perché la violenza sulle donne – afferma il presidente Salvatore Micone – non va combattuta solo il 25 novembre ma ogni giorno.
Un «fenomeno trasversale, che assume forme e manifestazioni diverse, con costi umani, sociali, economici inaccettabili» che richiede una condanna «unanime, così come l’azione e la mobilitazione perché il fenomeno – in continua crescita – venga efficacemente contrastato».
La matrice, ragiona Micone, «è innanzitutto culturale capace di infiltrarsi subdolamente in tutte le sfaccettature della vita familiare, affettiva, economica, sociale, politica», per questo «non bisogna affrontare il problema riducendolo a psicopatologia o a dinamica relazionale o mera questione criminale. È necessaria la diffusione capillare di una cultura di genere attraverso politiche quotidiane e continue di formazione ed informazione, rivolte a tutti, uomini e donne, e fondate su valori di fiducia, collaborazione e condivisione nelle relazioni che vivono». In sintesi, a parere del capo dell’Assise legislativa, «c’è bisogno di un’azione integrata, sistemica e condivisa delle istituzioni, ognuna per le proprie competenze, attraverso la prevenzione e la formazione ed informazione delle forze di polizia, degli operatori sanitari ed educativi, ma anche dei giovani, nelle scuole e nelle famiglie. Occorre portare le istituzioni a coordinarsi tra loro per consentire l’emersione di un fenomeno che tende a nascondersi perché chiuso in rapporti di cui la vittima si fida».
In questa direzione, conclude, si sta muovendo il Consiglio: con le iniziative normative in itinere per migliorare la legge vigente e introdurre politiche antidiscriminatorie e anche con l’iniziativa ‘Posto occupato’.

Norme più efficaci e lotta senza sosta, Paola Matteo: consideriamoci ‘in guerra’

Molto è stato fatto, tanto di più resta da fare. La capogruppo di Orgoglio Molise in Consiglio regionale Paola Matteo riassume l’impegno del Consiglio regionale sul fronte della lotta alla violenza di genere in occasione del 25 novembre.
Nel 2013 la Regione ha approvato la legge quadro in materia di “prevenzione e contrasto alla violenza di genere”: testo valido ma in alcune parti superato e in altre carente. Le integrazioni e le modifiche, pervenute in IV Commissione sia dalla maggioranza consiliare sia dalla giunta sono state esaminate e il testo licenziato, con l’inserimento aggiuntivo di misure di prevenzione e contrasto al reato di stalking, arriverà presto in Aula: Matteo, prima firmataria, ne è pure relatrice. Così come è proponente della legge quadro contro ogni forma di discriminazione, che è all’esame della IV Commissione e punta a rimuovere gli ostacoli all’ingresso delle donne nella vita pubblica e le disparità nel mondo del lavoro, nell’accesso ai servizi e nella vita familiare.
Nella seduta di venerdì, inoltre, come previsto dall’odg che la consigliera ha presentato insieme al collega Nico Romagnuolo, nell’ambito dell’iniziativa ‘Posto occupato’, il presidente del Consiglio Salvatore Micone ha posizionato una poltrona rossa, una rosa bianca e un paio di scarpe rosse in uno spazio dedicato nella sede dell’Assise,
Importante, poi anche il testo licenziato dalla I Commissione che modifica lo Statuto e rende più effettivo l’obbligo della parità di genere in giunta e nei Cda.
Paola Matteo, insieme ad altri colleghi consiglieri (Iorio, Facciolla, D’Egidio, Romagnuolo, Calenda e Fanelli), ha aderito alla campagna promossa dalla vicepresidente della Camera Carfagna “Non è normale che sia normale”: un segno rosso sul volto a testimoniare l’impegno contro la violenza (nella foto).
In Italia, ricorda Paola Matteo, sono oltre 7 milioni le donne che hanno subito una qualche forma di abuso o di violenza, oltre 100 le donne che vengono uccise ogni anno, oltre 1.700 negli ultimi dieci anni, oltre 100 le denunce per stalking depositate ogni anno. «Numeri – evidenzia – che parlano di una strage, di un eccidio, di una carneficina che fa più vittime di quante non ne faccia la mafia, infatti la violenza sulle donne è la prima causa di morte al mondo per le donne con un età tra i 16 e i 44 anni, riconosciuta dall’Oms e definita dal Presidente Sergio Mattarella “una vera piaga sociale che affligge il mondo”».
Non può essere considerata, prosegue, un tema marginale. Va invece «combattuta tutti i giorni, senza sosta, va considerata una priorità dal punto di vista della prevenzione, dal punto di vista culturale e sociale e soprattutto per quanto riguarda la punizione dei colpevoli». Matteo poi conclude: «Sono sempre più convinta che per dichiarare guerra al fenomeno della violenza sulle donne serva la collaborazione di tutti gli attori sociali, dalle forze dell’ordine alle istituzioni, dai giornalisti alla società civile, dal personale medico agli operatori specializzati, tutti noi dobbiamo giocare un ruolo fondamentale per far cessare questo fenomeno».

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