Silenzioso e ovattato. Si ha la percezione di un lavoro quasi sacrale. È l’ala del Tribunale, al terzo piano, dove sono ubicati gli uffici della Procura. Un silenzio quasi disagevole.
Dobbiamo incontrare il procuratore capo Nicola D’Angelo per una intervista. Lo troviamo nel suo elegante ufficio. Gioviale e giovanile. Fisico atletico. Poi capiremo il perché. Cominciamo subito.
Dottor D’Angelo a quanti anni in magistratura?
«Dal ‘93 e sempre nel Molise. Tutta la mia carriera proprio qui, ed è un orgoglio, visto che sono di Bojano, sono entrato in magistratura abbastanza giovane ma prima ho avuto un’esperienza professionale al Nord per qualche anno. Ho fatto il professore di musica perché anche diplomato al conservatorio in chitarra classica».
Com’è la vita relazionale in questa piccola regione?
«Assolutamente normale. Ho un carattere un po’ chiuso e già questo mi porta a non aver bisogno di grandi frequentazioni. I miei amici sono quelli di sempre e non ho bisogno di altro. Devo, però, dire che mia moglie di provenienza veneta è esattamente l’opposto. Molto socievole e conosce molta più gente di me. Collabora con molte associazioni e quindi si trova bene. Abbiamo due figli e, come vede, una famiglia serena ed assolutamente normale».
Il procuratore non ha remore nel rispondere. Ci guarda dritti negli occhi mostrando una sensibilità e naturalezza sorprendenti. Molto intelligente, e si vede questo. Si siede al nostro fianco e non dietro la scrivania.
Dottore, spesso si vocifera di poteri occulti. La politica la fa da padrona e qualcuno esagera facendo e disfacendo a proprio piacimento.
«Mi sembra un po’ eccessivo. Intanto devo dire che non ci sono evidenze investigative per i politici. Come si sa, i politici hanno precise prerogative per alcune nomine nell’ambito regionale. Molte volte sono impugnate dinanzi al Tar che valuta e decide sulla legittimità degli atti stessi. Pochissime volte, però, vengono inviati in Procura per reati di natura penale».
Come valuta il tessuto sociale del Molise?
«Assolutamente positivo. Ma il discorso è molto complesso e ne potremo parlare più avanti. Intanto posso dire che in altre regioni c’è sicuramente una euforia imprenditoriale più emancipata».
Il Molise è ancora un’isola felice?
«Così appare. Ma, purtroppo, devo dire che non è più così. Due grossi problemi devastano da tempo questa regione: la disoccupazione e la droga. Sono due tumori che si allargano in metastasi sempre più pericolose».
Cosa vuole dire?
«La mancanza di lavoro spinge tanta gente a una vita difficile seppur onesta. È, comunque, un disagio sociale difficile da sopportare. Ma il fatto drammatico, di cui non si ha una grande percezione, è la droga. Pensi che nel Serd Molise sono iscritte oltre 1.300 persone. E non tutti, naturalmente, ufficializzano il fatto di essere drogati. Si consuma di tutto, dalla marijuana alla cocaina. È una situazione drammatica. Nonostante i tantissimi arresti e il capillare controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine, che è attento e quotidiano, il fenomeno non si riesce a ridimensionare. Le devianze soprattutto da parte dei giovani sono veramente preoccupanti. Non sono i soli. Anche adulti – professionisti e non – sono coinvolti in questo malsano e pericoloso percorso».
Procuratore, la vediamo veramente preoccupato.
«Certo. Dall’esterno non si ha, forse, la percezione di quanto sta accadendo. Il più delle volte i consumatori diventano anche spacciatori e ci sono ragazze che arrivano a prostituirsi per una dose. Tutto è gestito da organizzazioni malavitose vere e proprie. Delinquenti pugliesi e campani, con una rete capillare, cercano di impadronirsi del territorio. La Procura e le forze dell’ordine mettono in campo un ingegno straordinario. Le azioni di contrasto al fenomeno fanno parte della cronaca quotidiana, ma sono comunque molto preoccupato. Essendo anche il responsabile regionale della Procura antimafia ho una conoscenza molto dettagliata della situazione».
Più grave di quanto appare?
«Assolutamente. A drogarsi non è più solo gente che magari vive il disagio della disoccupazione ma anche persone con lavoro e professionisti. Per i giovani poi è un disastro. Per me l’avvilimento più grande è quando vengono le madri a chiedere aiuto e piangono. Sono tante. A volte appaiono anche rassegnate e questo è l’aspetto più pericoloso e triste. Noi però siamo qui. Siamo una barriera contro questi miserabili invasori che portano delinquenza e morte. Non dimentichiamo che la droga è il percorso che spinge tante persone a delinquere».
Cambiamo argomento, cosa pensa della violenza sulle donne?
«Anche in questo caso, in Molise il fenomeno è molto più grave di quanto appare. La violenza sulle donne è ormai all’ordine del giorno anche se non si arriva al cosiddetto “femminicidio”.
Come mai?
«La società è cambiata. Il ruolo della donna non è più quello di prima. Sono più autonome e meno dipendenti dagli uomini. Questo dà, naturalmente, più indipendenza e non subiscono più silenziosamente il disagio della vita di coppia non soddisfacente. Sono più forti di noi e non tutti sono in grado di sopportarlo e capirlo. Questo spiega tante cose. Speriamo, comunque, che nel tempo si cominci, finalmente, ad avere più rispetto».
Signor procuratore, siamo quasi alla fine, ma questa domanda gliela dobbiamo fare: cosa pensa della nuova riforma sulla prescrizione?
«Sono pienamente d’accordo. Potrei addirittura dire, finalmente. Non è sopportabile l’idea che per una questione di tempo e di termini tanta gente debba sopportare la mortificazione di non avere giustizia. Questo è sicuramente l’aspetto più grave, poi si può anche discutere dei tempi per i vari processi che devono essere più brevi».
Durante l’intervista non abbiamo mai notato un disappunto del procuratore. Sempre tranquillo, sereno e soprattutto dallo sguardo traspare una intelligenza non comune.
A proposito del fisico atletico di cui parlavamo all’inizio: il procuratore ama andare in bicicletta. Il più delle volte in solitudine, arriva a Termoli, un cappuccino un cornetto e poi il ritorno. Certo con una persona così è difficile che la giustizia sia ingiusta.

Aldo Barletta

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