Se non si inverte la rotta, nel 2025 (fra sei anni quindi una data non lontanissima) al servizio sanitario nazionale mancheranno 16.500 medici specialisti.
La stima, e l’allarme, stavolta sono di Anaao Assomed che arriva a questa cifra proiettando al 2025 il numero di specialisti che potrebbero essere formati dalle scuole Miur, considerato il numero totale di medici specialisti attivi e stimando i pensionamenti dal 2018 al 2025 in 52.500 unità.
Nel Molise alle prese col piano di rientro, l’emergenza è conclamata da mesi. Ai concorsi partecipano meno professionisti dei posti messi a bando. Nel frattempo, si ingrossano le file di coloro che vanno in quiescenza. E allora neanche lo sblocco del turnover, conquista faticosamente raggiunta e costata una razionalizzazione decisa, basta più. Ma non accade solo in Molise. È proprio l’Anaao a portare l’esempio del Veneto dove «la carenza di personale e di specialisti disponibili a lavorare negli ospedali è tale da produrre un ulteriore problema: a fronte della carenza ufficialmente riconosciuta di 1.295 medici specialisti, nei concorsi indetti per la selezione a tempo indeterminato si sta presentando un numero di candidati inferiore a quello richiesto. La stessa Regione denuncia infatti che 357 posizioni vacanti non sono state coperte. I numeri più elevati riguardano ancora una volta le specialità dell’emergenza, anestesia e rianimazione e medicina d’urgenza su tutte, seguite da ginecologia, pediatria, radiologia e ortopedia».
La fotocopia dei concorsi banditi dall’Asrem, il cui direttore generale Sosto ha spesso sottolineato di recente questo ostacolo significativo alla riqualificazione dei servizi. L’ultima volta in ordine di tempo prima di Natale, quando i portavoce dei 5 Stelle in Regione hanno donato all’azienda sanitaria un’unità di rianimazione mobile pediatrica.
Le cause dell’emorragia sono molteplici: i pensionamenti dei nati negli anni ’50, la scarsa attrattività della sanità pubblica in genere dimostrata dalla scelta – nelle specializzazioni – di discipline come chirurgia plastica, dermatologia, oculistica, endocrinologia, pediatria, oftalmologia e cardiologia, che aprono sbocchi di carriera anche sul territorio e nel privato, con prospettiva di maggior guadagno e di una migliore qualità di vita.
Al di là di posizioni e ruoli differenti, tutti chiedono una riforma globale che eviti un cortocircuito allo stato inevitabile. «Un primo risultato è stato ottenuto nella legge di Bilancio per il 2019 con la previsione della partecipazione degli specializzandi dell’ultimo anno a concorsi per dirigenti medici del Ssn. Sarebbe comunque auspicabile una previsione più esplicita di assunzione in servizio a tempo determinato degli specializzandi, anche prima del conseguimento del titolo. Ma, soprattutto, manca nella legge appena approvata dal Parlamento – così Anaao – una decisa svolta nelle politiche assunzionali che superi l’anacronistico blocco introdotto con la Finanziaria 2006. Anche l’incremento previsto del numero dei contratti di formazione, circa 900 a partire dal 2019, è largamente insufficiente per ridurre il deficit di specialisti che ci attende nell’immediato futuro».
Il sindacato dei medici propone, quindi, di «incrementare anche il finanziamento per le assunzione ed attivare i diversi miliardi di risparmi effettuati dalle Regioni nell’ultimo decennio», di «incrementare ad almeno 9500/10.000 i contratti annuali» e passare «ad un contratto di formazione/lavoro da svolgere fin dal primo anno in una rete di ospedali di insegnamento in modo da mettere a disposizione degli specializzandi l’immensa casistica e il patrimonio culturale e professionale del Ssn».

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