Mettere le telecamere di sicurezza negli asili per tutelare i bambini prevenendo così i maltrattamenti. Secondo i sostenitori, i dispositivi fungerebbero anche da deterrente scongiurando la nascita di comportamenti violenti da parte degli insegnanti verso gli alunni. In Lombardia un disegno di legge che prevede il grande fratello negli asili nido risale al novembre scorso, favorito dalla spinta emotiva dei ripetuti abusi da parte di un maestro di Pero nei confronti degli alunni. Il provvedimento però ha trovato subito la ferma contrarietà della opposizione del Pirellone che ritiene la norma una «scelta demagogica».
Venerdì mattina anche il Molise ha dovuto fare i conti con botte, spintoni, minacce di castighi, strattonamenti, punizioni umilianti. E quella incredibile “legge del taglione” impartita ai piccoli dell’infanzia del Camelot. Tutti ci siamo svegliati e abbiamo appreso che in una nostra scuola, il luogo che ogni genitore immagina sia il più sicuro per il proprio bambino, si era superato il limite della severità sfociata poi in abusi di cui sono accusate le due maestre di Venafro. I loro comportamenti immortalati dalla microspie della Polizia, oltre ad aver indignato l’Italia intera, hanno acceso anche in regione il dibattito sulla necessità di dotare le scuole materne di impianti di videosorveglianza. «Pronta già la norma» ha detto l’onorevole di Forza Italia Annaelsa Tartaglione. «A livello preventivo – ha dichiarato subito dopo i fatti di Venafro il ministro Busetti, titolare del Miur – le telecamere potrebbero avere sicuramente un effetto positivo».
Il 23 ottobre scorso alla Camera è passata la legge sulla videosorveglianza agli asili e alle case di cura. Favorevoli 5 stelle e tutta la destra, contrari Pd e gruppo Misto.
Il testo parla di videocamere a circuito chiuso che potranno essere istallate in scuole materne pubbliche e private e le cui registrazioni saranno visibili dopo denuncia «solo alle forze di polizia». Sarà il Garante per la protezione dei dati a definire le garanzie di sicurezza da assicurare. Antonello Soro (nella foto), Garante della privacy, ha espresso parecchie riserve, anche se ha riconosciuto che il testo – al momento fermo nella Commissione costituzionale del Senato – ha fatto passi in avanti. La norma infatti non prevede l’obbligo ma solo la facoltà di introdurre obiettivi fissi negli asili e nelle strutture socio assistenziali che si occupano di anziani e disabili.
Sull’onda dell’indignazione e della condanna unanime nei confronti di comportamenti deplorevoli contro creature innocenti, l’uso delle telecamere parrebbe la soluzione migliore per rendere trasparenti le aule. Tuttavia il cammino di una norma che si invoca da anni continua ad essere lastricato di ostacoli.
Già nel 2013 il Garante per la privacy condannò l’uso di telecamere negli asili. Ecco che scrisse: «Sistemi di controllo così intrusivi come le webcam devono essere usati con estrema cautela perché, oltre a incidere sulla libertà di insegnamento, possono ingenerare nel minore, fin dai primi anni di vita, la percezione che sia “normale” essere continuamente sorvegliati, come pure condizionare la spontaneità del rapporto con gli insegnanti. La tranquillità dei genitori non può essere raggiunta a scapito del libero sviluppo dei figli. Non possiamo, per placare le nostre ansie di adulti, trasformare la società in cui viviamo in un mondo di ipersorvegliati, a partire dai nostri bambini».
E allora rilanciamo le parole del procuratore Fucci pronunciate venerdì in conferenza stampa a Isernia: «Il personale nelle scuole va riqualificato e aumentato». E va aiutato. Perché il mestiere dell’educatore – per dirla con Scaparro, psicologo e psicoterapeuta – «non è solo abilità tecnica, ma richiede una competenza psicologica che va formata, monitorata e supervisionata».
ppm

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