Chissà che non sia la punta dell’iceberg. Che dopo i punti nascita la titolare della Salute del governo Conte non sia pronta a dire che il regolamento del decreto Balduzzi va rivisto anche per i criteri che regolano discipline come neurochirurgia e cardiochirurgia. Quelle che al Molise non sono ‘concesse’ perché non ha 600mila abitanti.
Un passaggio difficile da compiere, poiché la disposizione legislativa poggia su valutazioni e dati scientifici: al di sotto di un certo numero di interventi (parti o interventi su infarti o ictus che siano) non è garantita la sicurezza per il paziente. Ma in teoria non impossibile e comunque valutabile in termini di deroghe in presenza di particolari condizioni territoriali.
Andiamo con ordine. Cosa dice Giulia Grillo? «In questi mesi sono state molte le richieste di rimodulazione della rete dei punti nascita arrivate da varie parti d’Italia al ministero della Salute». E questo è un passaggio che fa pensare a una rimodulazione dello standard attualmente richiesto per la permanenza di un punto nascita (500 parti all’anno) al ribasso. Dal territorio, come da Termoli ad esempio, di norma la richiesta è di non chiudere un reparto nonostante non sia arrivato a 500 parti.
Grillo comunque, continua spiegando: «In considerazione del progressivo calo degli indici demografici del Paese, della carenza di alcune figure professionali sanitarie e per l’evidenza di situazioni territoriali caratterizzate da particolare disagio orografico, credo sia necessario valutare insieme alle Regioni – e di questo ho già accennato al presidente Bonaccini – l’attualità dell’accordo Stato-Regioni del 2010, recepito poi dal dm 70/2015».
«Le riforme – allarga poi il campo -, come tutti gli esperimenti, vanno monitorate ed eventualmente aggiornate, se necessario, alla luce dell’esperienza acquisita sul campo. Le mutate condizioni al contesto richiedono oggi una profonda riflessione sulla ponderazione dei rischi, nell’interesse primario delle mamme e dei neonati. In tal senso – conclude – nelle scorse settimane ho chiesto, tramite la direzione della Programmazione, di invitare il Comitato Percorso nascita nazionale ad approfondirne le problematiche al fine di inserire una riflessione specifica all’interno del Patto per la Salute».
A stretto giro il commento del presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini (che presiede anche la Conferenza delle Regioni). Insieme al suo assessore alla Sanità Venturi giudica «importante e positivo» l’incontro con Grillo in cui si è deciso di affrontare all’interno del nuovo Patto per la salute anche il tema dei punti nascita. «Naturalmente – aggiungono Bonaccini e Venturi – nella discussione che sarà affrontata, dovranno essere contemperate le comprensibili esigenze dei territori e delle comunità, con il dovere, irrinunciabile, di garantire a mamme e nascituri le condizioni di massima sicurezza al momento del parto. Abbiamo sempre rispettato le leggi, nel passato, e continueremo a rispettarle nel futuro – concludono presidente e assessore – per questo siamo molto contenti dell’avvio di un percorso di rivalutazione dei punti nascita nelle zone disagiate».
Categoria, quella delle zone disagiate, in cui Termoli oggettivamente non rientra. E il punto nascita del San Timoteo per il tavolo tecnico va chiuso. A parte il caso concreto, però, la dichiarazione del ministro riapre la partita sul Balduzzi. Una dichiarazione, commenta il deputato molisano dei 5 Stelle Antonio Federico, «positiva perché riapre un focus sui contenuti del dm 70 in vista del nuovo Patto per la Salute». Fermo restando che il faro resta la sicurezza per la mamma e il bambini nel caso dei punti nascita, la discussione sul Balduzzi, prosegue Federico, è un elemento positivo che «riguarda gli standard e non i commissariamenti», chiude con una frecciata al governatore Toma.

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