Amadori continuerà a gestire l’incubatoio di Bojano e gli allevamenti. Il macello lo considera invece capitolo chiuso. Il presidente Donato Toma tenta fino all’ultimo e ribadisce la disponibilità della Regione: «Troviamo insieme altro sito».
Dopo la riunione di lunedì al ministero dello Sviluppo, ieri ha messo nero su bianco che il «progetto oggi non è più compatibile con le logiche industriali di un gruppo come il nostro». Lo ha messo nero su bianco in una nota inviata a Primo Piano che aveva chiesto all’azienda una dichiarazione sul tavolo ministeriale e sulla possibilità di risolvere le criticità evidenziate in merito alla realizzazione dello stabilimento produttivo. E lo ha fatto in una comunicazione al Mise e alla Regione.
Se la doccia di lunedì era gelata per Palazzo Vitale e i sindacati, il bis di ieri è stato di ghiaccio. Nessun ripensamento, anzi il gruppo agroindustriale punta il dito. «Nel rispetto degli impegni assunti nell’ambito degli accordi del 2017, dal 7 gennaio scorso il nuovo incubatoio è entrato a far parte della filiera integrata del gruppo, dopo che sono state completate le opere di ristrutturazione e riqualificazione nei tempi previsti.
Il personale impiegato nella fase iniziale arriverà a 33 addetti, con priorità a quelli attualmente in cassa integrazione. Una volta a pieno regime il personale sarà integrato sempre sulla base degli accordi. Per quanto concerne i cinque allevamenti inseriti all’interno degli accordi stiamo operando per far ripartire l’attività produttiva, anche col supporto di imprenditori locali. Con alcuni di questi – spiegano da Cesena – stiamo operando per farli rientrare all’interno della nostra filiera integrata, che conta oltre 60 allevamenti solo in Molise e, in tutta Italia, oltre 800 allevamenti». Fin qui lo stato dell’arte ‘positivo’.
Per il sito da adibire a stabilimento di trasformazione alimentare – quello che avrebbe dovuto reimpiegare 100 persone e diventare la piattaforma produttiva del pollo antibiotic free in base alle dichiarazioni rilasciate anche alla stampa nazionale da Denis Amadori – il gruppo sostiene di trovarsi «ancora oggi, a distanza di più di due anni dalla firma degli accordi, in una situazione di stallo burocratico e di assoluta incertezza non più sostenibile». Situazione a cui si aggiunge, denuncia Amadori, «il mancato avveramento delle principali condizioni previste dagli accordi, quali presupposto per l’avvio del progetto di riqualificazione del sito. Negli ultimi due anni abbiamo manifestato nelle sedi competenti, in occasione degli incontri periodici convocati con tutte le parti in causa, la risoluzione delle problematiche relative al sito, per poter completare il piano di sviluppo. Inoltre, ci siamo anche interessati alla ricerca di siti alternativi in comuni inseriti in aree di crisi in tutto il Molise, per costruire uno stabilimento per la lavorazione e la trasformazione delle carni. Tuttavia nessuno della trentina di siti visionati ha rivelato caratteristiche strutturali, ambientali e logistiche idonee per poter avviare questa fattispecie di attività produttiva nei tempi e nei modi definiti dagli accordi».
Quindi, la chiusura: «L’immobilismo che ha condizionato questo progetto oggi non è più compatibile con le logiche industriali di un gruppo come il nostro, che ha l’ambizione di continuare a crescere e creare valore economico e sociale nei territori in cui è presente. Pertanto – si chiude la dichiarazione di Amadori a Primo Piano – ci vediamo costretti a non procedere alla riqualificazione del sito. Il nostro gruppo ha doveri chiari e precisi verso i suoi oltre 7.800 collaboratori in tutta Italia (e che in Molise è presente con oltre 60 allevamenti e col nuovo incubatoio di Bojano) e che non può sentirsi chiedere ulteriore tempo facendosi ancora una volta carico di uno scenario precario e incerto di cui non è responsabile».
Altri sei mesi di cassa integrazione sono a rischio (bisognerebbe sostenerli solo con l’incubatoio che prevede assunzioni), salta il pezzo più importante del progetto di rilancio della filiera. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, il bando per la vendita del II lotto di Monteverde: 3,7 milioni e asta a luglio. Amadori contesta per esempio la clausola relativa all’utilizzo del depuratore (dell’ex Itam).
Il presidente Toma aveva assunto l’impegno di trovare un sito alternativo. Al termine di una riunione terribile, anche perché nessuna precedente informativa era stata data dall’azienda alla Regione che pure ha già trovato i 2 milioni di cofinanziamento e si è fatta autorizzare da Bruxelles, aveva chiesto pochi giorni per una soluzione che scongiurasse questo finale. Amadori, però, ha deciso di chiuderla qui.
I consiglieri Pd Fanelli e Facciolla parlano di «totale fallimento di tutti i piani messi in atto», hanno presentato un’interrogazione e sono pronti a chiedere un Consiglio monotematico per capire «lo stato di attuazione di altri sei mesi di cassa integrazione, ma soprattutto se e come si vuole rilanciare la filiera avicola».
rita iacobucci

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