Non mancano solo i medici. In sanità un’altra grave carenza è quella che riguarda gli infermieri.

Lunedì la presidente dell’Ordine Mariacristina Magnocavallo ha riunito il consiglio direttivo e discusso insieme ai colleghi un documento che fa il punto della situazione e rilancia le proposte che l’Opi di Campobasso e Isernia porta avanti da tempo.

Nell’estate più difficile degli ospedali molisani, i reparti soffrono perché ci sono meno camici bianchi di quelli che servirebbero, è vero. Ma pure il contingente degli infermieri a disposizione è molto lontano dal fabbisogno. Tanto che alla difficoltà acuita dai turni di ferie si fa fronte ricorrendo allo straordinario programmato.

Allargando l’analisi anche alle strutture convenzionate, in tutto il Molise mancano all’appello almeno 600 infermieri. E con le fuoriuscite previste per l’adesione a quota 100 (la prima finestra temporale per il pubblico impiego è il 1 agosto) si arriva a una carenza di mille unità.

In Molise attualmente il rapporto è di 13 utenti per infermiere, studi internazionali indicano il limite di 6 assistiti per infermiere, limite oltre il quale la mortalità sale in media del 30%. A ogni aumento di una unità-paziente per infermiere, la probabilità di morte del paziente aumenta del 7%: in Molise,  7 pazienti in più per ogni infermiere, l’aumento del rischio è del 49%. «Che non si sostanzia in un tale esito per la capacità e la volontà dei professionisti di svolgere con qualità il loro lavoro, ma proseguendo con la riduzione di organici – lancia l’allarme la presidente Magnocavallo – potrebbe essere  impossibile mantenere questi parametri».

Tante criticità in regione, dunque, che con quota 100 implodono.

Innanzitutto, i 12 anni di commissariamento e i 10 di blocco del turnover che non hanno consentito di ringiovanire l’organico. Gli infermieri molisani hanno un’età media di 45,7 anni, più bassa di quella media nazionale (47,1), ma l’età dei dipendenti raggiunge una media di 54,2 anni. Considerando chi si laurea in infermieristica già operativo (la laurea triennale è direttamente abilitante) in un’età relativamente giovane (21-22 anni), il combinato disposto tra età anagrafica ed età professionale porta gran parte degli infermieri nell’area di quota 100. «Molti con tutta probabilità usufruiranno di questa possibilità perché quella dell’infermiere è una professione particolarmente gravosa, borderline con quelle usuranti – e dovrebbe essere considerata tale –  con la necessità anche di un impegno fisico notevole a cui non giovano sicuramente gli anni che avanzano».

Spesso proprio gli infermieri più esperti, quindi anche con maggiore anzianità, si occupano di assistere i pazienti cronici, anziani, non autosufficienti sul territorio. Infine, Magnocavallo considera la dotazione di Cattolica e Neuromed: «La carenza ogni mille abitanti è praticamente azzerata senza Quota 100 proprio dagli organici di queste due strutture, senza le quali la Regione sarebbe in grave deficit soprattutto sul territorio dove data l’epidemiologia locale ci sarebbe più necessità di assistenza, come dimostra anche l’ultimo rapporto Osservasalute. Così in Molise abbiamo circa 600 infermieri (circa il 45% degli attuali) che rischiano di lasciare – conclude Magnocavallo – un vuoto pericoloso per l’assistenza».

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