Mariano Prencipe è il nuovo presidente della Camera penale del Molise. Il direttivo è stato rinnovato con le elezioni del 30 settembre scorso, venerdì scorso invece il conferimento delle cariche.
Segretario della Camera è Fiorina Piacci, tesoriere Giovanni Pietrunti. I componenti del direttivo:
Nicolino Cristofaro, Antonello Veneziano, Giuseppe Fazio, Elena Verde e Simone Catalano.
Il primo pensiero di Mariano Prencipe è per Erminio Roberto, penalista fra i più apprezzati e presidente della Camera penale scomparso prematuramente a marzo scorso. «Nell’indelebile ricordo della figura e del lavoro fatto dal compianto presidente Erminio Roberto e nel ringraziare tutti i colleghi che hanno partecipato alle elezioni c’è la consapevolezza, da parte del nostro organismo e degli avvocati penalisti molisani, che il principale obiettivo da perseguire è quello della diffusione e del rafforzamento della cultura dei diritti e delle garanzie nella società e nel confronto con le istituzioni», le sue riflessioni.
Assai critico il suo giudizio, e quello dei colleghi penalisti, sul particolare momento storico che sta vivendo il Paese e sulla riforma della giustizia che sta prendendo forma col governo 5s-Pd. «Sul piano della civiltà giuridica è questo uno dei momenti più bui della storia del nostro Paese e gli avvocati hanno il dovere di opporsi alla deriva giustizialista», dice senza mezzi termini. «Il ruolo dell’avvocatura, soprattutto di quella penale, è far capire ai cittadini che se si tolgono garanzie a un singolo si tolgono a tutti. Abbiamo aderito allo sciopero proclamato dal 21 al 25 ottobre anche perché si comprenda il pericolo di un processo senza limiti. Non è allungando la prescrizione che si accorciano i tempi dei processi, anzi avviene il contrario. E poi – prosegue Prencipe – non si può pensare di risolvere tutto con una legge. Prima le strutture e le assunzioni, poi le norme».
Quel che lo preoccupa è il principio sotteso alle disposizioni sulla prescrizione, la filosofia della riforma prospettata dal ministro Guardasigilli Bonafede. «Stiamo tornando al Medioevo mentre ci sono Paesi che vanno in senso opposto. La Svezia per esempio cancella l’ergastolo e in Italia si continua a credere che si possono risolvere i problemi con il carcere. Non è questa la dinamica umana. Quando commetto un reato lo faccio confidando di non essere scoperto, non certo in base a un calcolo sulla pena». Insomma, per il neo presidente della Camera penale, un principio che «non è civile ed è anche inutile».

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