La certificazione di un divario sempre più difficile da colmare arriva dal rapporto Svimez sull’economia e la società del Mezzogiorno 2019, presentato ieri a Roma. Una crescita, quella del Sud, ampiamente al di sotto di quella delle regioni del centro-nord; un crollo demografico imponente visto che, in meno di 20 anni, oltre due milioni di italiani residenti nel Mezzogiorno hanno lasciato la propria terra in cerca di fortuna. Numeri che fanno il paio con la mancanza di lavoro e opportunità professionali. E poi l’impatto del Reddito di Cittadinanza sulle esistenze e sui destini: la Svimez certifica che l’assegno mensile allontana le persone in cerca di occupazione dal mondo del lavoro.
In questo quadro a tinte fosche, il Molise resiste, evidenziando qualche dato positivo, ma non riesce a fronteggiare le migrazioni interne, il pendolarismo di lungo periodo.
I dati positivi arrivano dal Pil: nel 2018, il Molise registra un aumento dell’1,0%. Un segnale di crescita significativo se confrontato con il -1,0% dell’anno precedente, quando la ventesima regione ha fatto registrare l’unico dato negativo tra le regioni meridionali. L’economia del Molise è stata sostenuta soprattutto dall’industria in senso stretto che ha registrato un’ottima performance (+5,4%), capace di compensare la debole crescita dei servizi (+0,7%), e il calo delle costruzioni (-1,0%) e, soprattutto, dell’agricoltura (-2,3%). In merito al mercato del lavoro, sempre secondo i dati Svimez, si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord. Nel Mezzogiorno, l’occupazione, nella media dei primi due trimestri del 2019, è in calo in Abruzzo, Campania, Calabria e Sicilia, mentre cresce sensibilmente in Molise, Puglia, Basilicata e, soprattutto, Sardegna. Misurando la differenza con il 2008 e dunque gli effetti prodotti dalla lunga recessione, i livelli occupazionali a fine 2018 erano ancora molto distanti da quelli pre-crisi in quasi tutte le regioni: –7,8% in Sicilia, di poco meno in Calabria (–5,7%), Molise (–5,0%), Puglia (–4,6%), Basilicata (– 3,6%), Sardegna (–3,3%) e Abruzzo (–2,4%). Solo la Campania si colloca su valori intorno a quelli del 2008 (–0,4%).
L’andamento demografico, ma non è una novità, la nota dolente: l’Italia è tra i paesi più vecchi al mondo e le regioni del Mezzogiorno si trovano ad affrontare una delle crisi demografiche più profonde e durature tra i paesi del mondo occidentale. Nel corso dei prossimi 50 anni, il Sud perderà 5 milioni di residenti: andranno via oltre un milione di giovani e più di 5 milioni di persone in età da lavoro. Secondo le proiezioni dell’Istat, nel 2065 la popolazione residente in Italia sarà pari a circa 54 milioni persone, con una perdita di oltre 6 milioni rispetto al 2017 (60.483.973). In questo scenario, secondo la Svimez, il Mezzogiorno perderà una parte consistente delle sue forze più giovani per effetto di un progressivo calo delle nascite e di una continua perdita migratoria. Lo spopolamento continua inarrestabile e coinvolge in questa pericolosa corsa i piccoli centri, in particolare i comuni della dorsale appenninica e insulare, spopolamento non compensato dall’afflusso di immigrati. In Molise il tasso di natalità è circa la metà di quello della mortalità (6,2 a 12,1 per mille). Il tasso di crescita ha il segno negativo: -9,4, il dato peggiore di tutte le regioni italiane seguito solo da quello della Basilicata (-7,5). Il saldo naturale in Molise, come è evidente, è il peggiore del Sud Italia con un meno 5,9 per mille. Mal comune mezzo gaudio, si potrebbe azzardare: nel 2018 tutte le regioni italiane hanno registrato un saldo naturale di popolazione negativo, una tendenza stazionaria sia nel Centro-Nord che al Sud. Il Molise non fa eccezione: la popolazione ad inizio 2018 si attestava a 308mila 493 unità, con un saldo naturale di meno 12mila 529. Il saldo migratorio si attesta a 51mila 782 unità. Fra cinquant’anni, nel 2065, la popolazione molisana – secondo le previsioni – si attesterà a 236mila 746 abitanti. La «nuova migrazione» è figlia dei profondi cambiamenti intervenuti nella società meridionale, un’area che sta invecchiando e che non si dimostra in grado di trattenere la sua componente più giovane. Le partenze più consistenti avvengono dalle regioni più grandi come la Campania con 31,4 mila unità, la Sicilia con 26,4 mila e la Puglia con 19,6 mila unità; a esse si unisce la Calabria (13,9 mila) che presenta il più elevato tasso migratorio, 4,0 per mille, seguita dalla Basilicata (3,8 per mille) e dal Molise (3,0 per mille). L’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo che fa registrare un 3,4% in Molise: il valore più elevato in Abruzzo e in Campania (4,0%), ma in flessione rispetto al 2017, seguono appunto il Molise, la Sicilia (2,9%) e la Basilicata (2,7%). Oltre il 40% dei pendolari meridionali ha meno di 35 anni, rispetto al 22% degli occupati totali, mentre quasi il 70% ne ha meno di 45. Per quanto riguarda i settori, l’agricoltura ha un ruolo decisamente marginale, mentre l’industria e soprattutto le costruzioni presentano una quota consistente. In questo scenario,una buona notizia riguarda l’occupazione femminile: tutte le regioni del Mezzogiorno d’Italia si collocano in posizioni di grave svantaggio rispetto alle altre regioni europee, tranne per la provincia di Bolzano. Tra le regioni meridionali, in posizioni meno sfavorevoli, si trovano Abruzzo (257°) con un tasso di occupazione pari al 45,6%, Sardegna (261°; 45%) e Molise (264°) con un tasso di occupazione intorno al 42%.
Ultimo ma non per ultimo l’impatto del reddito di cittadinanza: in Molise sono state presentate 8.257 domande, sono 5.634 i nuclei beneficiari e 12mila 718 le persone coinvolte. Accolto quindi il 68,2% delle domande presentate, l’importo medio erogato è di 466 euro. Scarso se non nullo risulta, al momento, l’impatto del Reddito di Cittadinanza sul mercato del lavoro. Un altro dato interessante per il Molise riguarda l’economia no profit: la regione con la migliore performance è la Puglia con 121.412 euro per organismo, discreti livelli di produttività si rilevano anche in Sardegna (103.329 euro) e in Sicilia (100.458 euro), Basilicata (91.178 euro per organizzazione), la Campania (88.529 euro), il Molise (82.872 euro) e l’Abruzzo (74.900 euro).

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