Latte dalla Germania e dai Paesi dell’Est destinato anche al Molise.
Il servizio-inchiesta di Report a firma di Rosamaria Aquino, andato in onda su Raitre lunedì 25 novembre, ha suscitato indignazione in una piccola regione dove tante parsone erano probabilmente convinte che i caseifici locali trasformassero solo latte molisano.
Quei tir in transito alla barriera di Vipiteno e diretti verso la XX regione che la giornalista calabrese ha documentato con la sua telecamera hanno scoperchiato un vaso che se da un lato ha generato apprensione tra i trasformatori, dall’altro ha aumentato la consapevolezza nei consumatori e li ha indotti a guardare con occhio più vigile le etichette, in particolare quelle degli alimenti.
I caseifici, lo dice la legge, possono acquistare latte in un Paese dell’Unione europea e produrre poi in Molise i derivati: mozzarelle, bocconcini, caciotte, caciocavalli. Purché sia tutto documentato sulla confezione. In sintesi, mozzarella “100% molisana” prodotta con latte Ue.
Va da sé che chi acquista materia prima dalla Germania o dalla Polonia avrà la sua convenienza, che potrebbe non essere (fino a prova contraria) solo quella economica. E fin quando renderà partecipe l’acquirente finale dei passaggi della filiera, opererà nel pieno rispetto della normativa.
Rosamaria Aquino è partita da una lista. Un documento che reca nero su bianco tutti i trasformatori italiani che acquistano latte all’estero. Lista che Coldiretti ha chiesto di ottenere, ma il ministero della Salute non ha mai fornito, nonostante un pronunciamento della giustizia amministrativa.
La giornalista di Report è venuta in possesso di quella lista e sulla base dei dati raccolti ha avviato una inchiesta che ha fatto molto rumore, anche perché, al di là della nostra piccola regione, ha toccato imprese e consorzi che detengono grosse fette di mercato.
Ieri sera, nella nuova puntata della trasmissione di Sigfrido Ranucci, il Molise è tornato alla ribalta, ma questa volta con un ruolo diverso. È vero che qui arrivano tir dalla Germania o da altri Paesi dell’Ue, ma è pur vero che ci sono allevatori che producono latte di ottima qualità e caseifici che lo trasformano in mozzarelle e formaggi: una eccellenza di cui andare fieri.
Rosamaria Aquino nei giorni scorsi ha incontrato i nipoti di Bruno Pallotta, l’allevatore 50enne che ha perso la vita il 18 novembre scorso precipitando in un dirupo mentre cercava una mucca che si era persa. Ragazzi in gamba, laureati, che hanno deciso di restare a Capracotta. A 1.400 metri d’altitudine, dove l’aria è raffinata, non esistono fonti di inquinamento, fieno e foraggio sono di altissima qualità. Lì allevano le loro mucche, le trattano come fossero persone. Ne conoscono “vizi” e virtù. Mina Pallotta, studi universitari in criminologia, si sveglia ogni mattina alle 5. Dei suoi capi svela ogni particolare, perfino i capricci.
Ai microfoni di Report anche Luca Pallotta. I due cugini hanno raccontato le loro storie fatte di sacrifici e rinunce. Anche qualche soddisfazione, poche per la verità. Condurre allevamento e trasformazione è complicato, difficile. A tratti impossibile. Ma loro non mollano.
Poi, tappa in un caseificio di Ferrazzano, anche questo a conduzione familiare. Qui Rosamaria è arrivata dopo essersi imbattuta in un video che la figlia del titolare ha realizzato e postato su Facebook: carte alla mano spiega che nella loro azienda viene trasformato solo latte molisano e, quindi, «non è giusto l’accostamento della loro attività di trasformazione a quanto documentato da Report».
Insomma, il Molise si è preso una sorta di rivincita, quella di una piccola regione che esiste e resiste.
r.i.

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