A un mese dal fermo del suo ex collaboratore Antonello Nicosia, la notizia che la deputata di Italia Viva Giuseppina Occhionero è indagata dai pm di Palermo per falso in concorso. Avrebbe fatto passare Nicosia, poi arrestato per mafia, per suo assistente, consentendogli di entrare nelle carceri dove c’erano detenuti in regime di 41 bis. Il rapporto di collaborazione tra i due, però, sarebbe stato formalizzato solo successivamente. Alla parlamentare è stato notificato un avviso di garanzia.
Occhionero, che all’epoca dei fatti era esponente di Leu, è stata ascoltata nelle scorse settimane dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Francesca Dessì nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Nicosia, del boss di Sciacca Accursio Dimino e di due presunti favoreggiatori. Dall’indagine era emerso che, oltre a progettare estorsioni e omicidi, Nicosia entrava e usciva dalle carceri, incontrando anche capimafia detenuti al 41 bis, proprio grazie alla Occhionero. I due si erano conosciuti tramite i Radicali. Il 21 dicembre, dopo aver avuto con Nicosia solo contatti telefonici, Occhionero arrivò a Palermo e incontrò l’esponente radicale con cui si recò immediatamente a fare una ispezione al carcere Pagliarelli. All’ingresso dichiarò che Nicosia era un suo collaboratore: circostanza, hanno accertato i pm anche attraverso indagini alla Camera, falsa. All’epoca, infatti nessun rapporto di lavoro era stato formalizzato. Il giorno successivo i due fecero, con le stesse modalità, visite nelle carceri di Agrigento e Sciacca. Nicosia, che è stato arrestato per mafia, è ora indagato con la Occhionero per falso in concorso aggravato dall’avere favorito Cosa nostra. Alla parlamentare è stato anche notificato un invito a comparire per la prossima settimana.
Ai magistrati che l’avevano sentita come persona informata sui fatti la deputata renziana di Campomarino aveva detto di aver sbagliato a fidarsi di Nicosia. «L’ho conosciuto così (presentato dai Radicali, ndr) e poi, anche in virtù del rapporto personale che si era creato, mi sono fidata ciecamente», alcune dichiarazioni riportate dall’Ansa il 5 novembre scorso.
Sul contratto sono venuti fuori particolari che hanno destato dubbi anche se era formalizzato: l’uomo veniva retribuito con 50 euro al mese. Una cifra simbolica perché, come era emerso dalle intercettazioni, lo scopo della collaborazione, per Nicosia, che definiva il boss Matteo Messina Denaro «il nostro primo ministro», per entrare in contatto con i mafiosi. Nonostante il contratto fosse scaduto a maggio perché la deputata, insospettita dal singolare curriculum del collaboratore ne aveva accertato la falsità, il tesserino era rimasto nella disponibilità del 48enne. Il gip di Sciacca, che aveva convalidato il fermo per Nicosia e per il boss Dimino, aveva espresso valutazioni molto severe nei confronti della deputata parlando di «un grave difetto di consapevolezza» oppure «una connivenza».
Della vicenda si sono occupate anche Le Iene e pure dalla sinistra molisana erano arrivate richieste di dimissioni. Per Giusy Occhionero, pochi giorni di pace. La notizia che è indagata ora la riporta nella bufera.

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