A cinque mesi dall’insediamento del nuovo governo regionale, il Molise, Regione in piano di rientro per la sanità, ancora non ha un commissario. Nelle passate legislature, a partire dal 2007 quando il governo decise che chi aveva i bilanci in rosso doveva provvedere a ripianare il debito, il ruolo è stato svolto prima da Michele Iorio, poi da Paolo di Laura Frattura. Competenze specifiche a parte (Iorio è medico, Frattura architetto), la nomina per prassi è stata sempre conferita al presidente della Regione. Così è stato per la Campania, dove il commissario è Vincenzo De Luca e per il Lazio dove il ruolo lo svolge Nicola Zingaretti.
In campagna elettorale – i molisani hanno rinnovato il Consiglio regionale lo scorso 22 aprile – i tre candidati Donato Toma (centrodestra), Andrea Greco (Movimento 5 Stelle) e Carlo Veneziale (centrosinistra), chi più chi meno, hanno parlato di sanità. Molto si è discusso, in particolare, del rapporto tra strutture pubbliche e private. Ognuno, come avviene d’altronde in ogni tornata elettorale, ha ‘venduto’ agli elettori il suo modello, promettendo, assicurando, immaginando le cose necessarie da fare per restituire dignità al settore. Ognuno legittimamente convinto che in caso di vittoria oltre a governare il Molise avrebbe avuto pure l’investitura da Palazzo Chigi per continuare l’azione di riassetto e di rientro dal debito. Ovvero, la gestione quasi totalitaria (è prevista anche la figura di un sub commissario sempre nominato dal governo) della sanità in regione.
Il Molise, stando a quanto deciso dai ‘ragionieri’ romani, avrebbe bisogno di mezzo ospedale e pure senza tutti i servizi di alta specializzazione. È 600mila il numero minimo di abitanti per l’esistenza di un Dea di II (secondo) livello, quindi, circa il doppio dei residenti della nostra regione. Ma prima di parlare di Dea, termine molto ricorrente negli ultimi anni, forse è giusto spiegare, seppur sinteticamente, di cosa si tratta e ribadire che il Molise attualmente ha un solo ospedale sede di Dea di I (primo) livello, che è il Cardarelli di Campobasso e nessuno di II livello.
L’ospedale sede di Dea di I livello garantisce oltre alle prestazioni fornite dagli ospedali sede di Pronto soccorso anche le funzioni di osservazione e breve degenza, di rianimazione e, contemporaneamente, deve assicurare interventi diagnostico-terapeutici di medicina generale, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, cardiologia con Utic (Unità di terapia intensiva cardiologia). Sono inoltre assicurate le prestazioni di laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche, di diagnostica per immagini, e trasfusionali.
L’ospedale sede di Dea di II livello assicura, oltre alle prestazioni fomite dal Dea I livello, le funzioni di più alta qualificazione legate all’emergenza, tra cui la cardiochirurgia, la neurochirurgia, la terapia intensiva neonatale, la chirurgia vascolare, la chirurgia toracica, secondo le indicazioni stabilite dalla programmazione regionale. Altre componenti di particolare qualificazione, quali le unità per grandi ustionati, le unità spinali ove rientranti nella programmazione regionale, sono collocati nei Dea di II livello, garantendone in tal modo una equilibrata distribuzione sul territorio nazionale ed una stretta interrelazione con le centrali operative delle regioni.
Quindi, fatta eccezione per il nosocomio del capoluogo, le altre strutture sanitarie pubbliche del Molise offrono ai pazienti-utenti servizi al di sotto degli standard dell’ospedale sede di Dea di I livello. Per fortuna esistono due centri privati d’eccellenza, il Neuromed di Pozzilli e la Fondazione Giovanni Paolo II (Cattolica) di Campobasso, entrambi convenzionati con la Regione, quindi a costo zero per l’utenza, che tra le discipline annoverano la neurochirurgia e la cardiochirurgia. La circostanza consente maggiore tranquillità a chi risiede in Molise, che per via di calcoli meramente ragionieristici, in barba ad un sacrosanto diritto costituzionale, è di fatto penalizzato rispetto a chi vive in una regione più grande.
A ciò, ovvero al declassamento dei servizi offerti, è necessario aggiungere lo stato in cui versa il settore, che da 11 anni è in fase di riassetto. La sanità molisana, e non per colpa degli operatori, è messa male. Ottenuto lo sblocco del turnover – pagato centinaia di migliaia di euro in termini di ripianamento del debito – i concorsi, per tutta una serie di ragioni, tra cui il fatto che non viene ancora nominato il commissario, non decollano. Mancano medici, mancano gli infermieri, mancano gli ausiliari: il personale che opera negli ospedali è costretto a turni massacranti, è costretto a rinunciare alla ferie, a saltare i riposi. Mancano le attrezzature e le strutture sono fatiscenti.
Una domanda (o forse più di una) a questo punto è lecita: possono Conte, Salvini e Di Maio continuare a tergiversare e a non procedere alla nomina?
La ministra Grillo, probabilmente su ‘suggerimento’ della delegazione parlamentare e regionale pentastellata, si è convinta che chi governa il Molise non può essere anche commissario della Sanità. «Nulla di personale contro Toma», puntualizzano in ogni occasione deputati, senatori e consiglieri. L’incompatibilità la giustificano affermando che una sola persona, nel caso di specie il presidente di Regione, non può fare altro oltre a governare. Ruolo che richiede di per sé un forte dispendio di energie. Governare la Regione e occuparsi anche di sanità non è possibile, si rischia di non fare bene né l’una né l’altra cosa, la tesi del Movimento.
In termini assoluti il concetto potrebbe essere anche condivisibile. Ma sul piano pratico resta il fatto che il Molise è una regione anomala, senza infrastrutture, con una viabilità da dopoguerra, con una rete ferroviaria obsoleta, con dislivelli di migliaia di metri tra i paesi di montagna e la costa. Lo insegna la storia: anche chi la conosce a fondo, ci è nato, ci vive, non riesce a farla uscire dal pantano.
Siamo certi che un ‘ragioniere’ dello Stato possa fare meglio di quanto fatto da Iorio, Frattura e di quanto farebbe Toma (o avrebbero fatto Greco o Veneziale in caso di elezione)?
È noto – non ne fanno mistero – che i 5 Stelle molisani si sono spesi e si stanno spendendo molto nella Capitale affinché il commissario non sia il presidente della Regione. Legittimo, per carità. Ma se le elezioni regionali le avessero vinte loro, avrebbero speso la stessa energia per delegittimare Greco e affidare la sanità ad un tecnico? Chi può dirlo…
Due cose insieme (governatore e commissario) non si possono fare. Ma Di Maio ne può fare addirittura tre: vicepremier, ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro. Anzi, quattro: è pure capo politico del Movimento.
Luca Colella

2 Commenti

  1. Marcello Cerea scrive:

    Che ne sappiamo? Facciamolo provare, no? Ma perché, chi è Toma, il Pater Patriae?

  2. Mara Iapoce scrive:

    Caro direttore, bisogna finirla con lo sport nazionale, che è quello di demolire prima di cominciare un’opera. Non è bastato lo scempio perpetrato alla nostra sanità da chi non ne e’ stato commissario ma ha amministrato la regione per anni, così come non e’ bastata l’indulgenza ai tagli e la mancanza di polso da parte di chi il commissario lo ha fatto? E che cosa le sembra se le dico che devo far muovere i miei parenti da Campobasso in Emilia Romagna, dove vivo, per banali controlli o interventi? (Tanto per gradire, una gastroscopia con il Servizio Sanitario Nazionale ha meno di un mese di tempi d’attesa). Suvvia, noi molisani abbiamo dimostrato di non saper guidare la bicicletta regalataci dal 1963, anno della nostra autonomia. Possiamo avere un po’ di umiltà nel riconoscerlo o dobbiamo sempre pensare che l’esterno sia l’uomo nero che vuol farci del male? Io non condivido una virgola dell’orientamento dell’attuale ministro della Sanità (la cui visita stiamo ancora attendendo dopo i numerosi casi di malasanità…), come ad esempio il balletto patetico sui vaccini e l’abolizione del test a numero chiuso per la Facoltà di Medicina, ma devo dire che questa volta ci ha preso, e non solo per questioni di incompatibilità fra cariche. Lasciamo lavorare chi verrà, così come lasciamo lavorare Amadori per la Gam di Bojano, a cui in tanti vorrebbero mettere i bastoni tra le ruote. Tanti che non sanno neanche dove abiti di casa l’imprenditoria… E che dire di chi ha fatto sfuggire gli investimenti alla Momentive di Termoli? Suvvia, facciamoci un serio esame di coscienza!

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