È di venerdì scorso la notizia che – probabilmente – siamo infatti ancora nella fase degli emendamenti ad una legge che dovrà essere approvata – non sarà attuato il blocco automatico del turnover nel settore della Sanità. Blocco paventato all’esito dell’ultimo tavolo tecnico, quando i molisani hanno scoperto che dopo oltre dieci anni di contribuzione al massimo, disservizi, lunghe attese, reparti chiusi, consulenze milionarie affidate ai soliti noti, i conti ancora non sono in ordine.
Quindi, come accade nell’era del “meno peggio” o “meglio di niente”, siamo costretti ad accettare per buona una notizia che buona non è. Se tutto va bene, dunque, forse l’Asrem potrà proseguire a pubblicare bandi per reperire medici. Nonostante sia un dato di fatto che i medici mancano, dal Trentino alla Sicilia, e in Molise non vuole venire nessuno.
La situazione in corsia intanto peggiora, di giorno in giorno. Ci sono reparti che si reggono solo grazie a tanti professionisti che si stanno esponendo a rischi altissimi perché talvolta costretti ad operare senza le condizioni minime di sicurezza che la normativa impone. Degenti trattati con poco riguardo perché dottori e personale paramedico non hanno il tempo per poter prestare l’attenzione dovuta. E, inoltre, lavorano in una condizione psicofisica alterata dallo stress che deriva da turnazioni massacranti, mancati riposi, mancato aggiornamento professionale.
In Molise la Sanità è nelle mani di due commissari, un titolare e una vice, al lavoro ormai da sei mesi. Poco o nulla si sa su come hanno intenzione di rimettere le cose al loro posto. Ciò che invece è noto e certo, è che negli ultimi sei mesi non si sono visti miglioramenti evidenti. È vero, l’Asrem sta investendo qualche euro per l’acquisto di attrezzature. Nella sostanza, però, di quel «cambiamento» invocato da chi oggi governa il Paese, da quel Parlamento che ha deciso di escludere la politica dalla gestione della sanità, non c’è traccia. E chissà se mai ci sarà.
I commissari hanno poteri ordinari e straordinari. Uno strumento necessario per assumere ogni utile decisione senza subire i condizionamenti a cui invece, nel bene o nel male, la politica è soggetta.
Cosa impedisce loro di riorganizzare il settore con maggiore solerzia? Perché non spiegano ai molisani qual è la sanità che hanno in mente? In sei mesi un’idea se la saranno fatta. Perché non la partecipano pure a chi in questa terra vive da generazioni e ha scelto di restarci nonostante tutto? A chi giova continuare a tirare a campare?
Tra i pochi reparti ancora in grado di erogare servizi di qualità, c’è quello di Ostetricia dell’ospedale Cardarelli. Tra qualche giorno uno dei sei medici “turnisti”, quelli, per intenderci, che coprono le emergenze h24, va in pensione. Un altro è stato comandato presso il San Timoteo di Termoli. I quattro medici che resteranno in servizio a Campobasso non saranno in grado di garantire la turnazione. È semplicemente pazzesco e di questo passo il punto di non ritorno è sempre più vicino.
Nella consapevolezza che non risponderanno, è tuttavia un dovere chiedere a Giustini e Grossi se è vero o non è vero che per tenere in piedi un reparto di Ostetricia è necessario che lo stesso non scenda sotto la soglia minima dei 500 parti all’anno. È vero o non è vero che da Termoli e dal basso Molise le mamme preferiscono l’ospedale di Vasto al San Timoteo? È vero che dal 1° gennaio a oggi a Termoli sono nati ‘appena’ 100 bimbi? Se così fosse, cosa stanno facendo i commissari per convincere i genitori a preferire Termoli a Vasto? Perché mettere a rischio l’Ostetricia del Cardarelli per assicurare i turni a Termoli dove, pare lo dicano i numeri, non ci sono le condizioni per continuare a tenere in vita il reparto? È vero che ci sono medici che da Campobasso operano a Termoli in regime di “prestazione aggiuntiva” con un costo a turno pari a 800 euro per ognuno di loro? Quanti fondi servono ogni anno per far fronte alle prestazioni aggiuntive?
Giustini e Grossi possono pure continuare a sfuggire ai cronisti. Ma non possono più negare risposte al Molise. Con i fatti.
Luca Colella

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