Commissari, Regione e Asrem a Roma. Stamane. I tecnici dei ministeri della Salute e dell’Economia faranno le pulci ai bilanci e vorranno capire a che punto è il piano di rientro. Poi, tra qualche settimana, arriverà la sentenza.
A quanto pare funziona così. Loro, i burocrati ministeriali, non sono abituati e nemmeno predisposti a sentire ragioni. Contano i numeri. Non quelli delle persone che non trovando servizi adeguati sono costrette a pagare per curarsi o quelli delle ore di straordinario accumulate da medici e infermieri, sottoposti da anni a turni massacranti. Per i Ministeri è tutta una questione di soldi, di meri calcoli ragionieristici.
Chi più, chi meno, da un decennio, i commissari che si sono alternati hanno provato a far capire che il Molise, oltre ad essere abitato dalle stesse persone che vivono in un quartiere di Roma, è servito da una viabilità da terzo mondo e ha una conformazione orografica straordinariamente bella ma altrettanto penalizzante. Non è assurdo ipotizzare che in 12 ore a Capracotta cadano due metri di neve e soccorrere una persona colta da malore non è complicato ma impossibile se l’ospedale da raggiungere è quello di Isernia. La risposta è stata sempre la stessa. Sintetizzando: siete condannati a scomparire.
Il sistema sanitario regionale, nonostante due lustri ed oltre di commissariamento, fa acqua da tutte le parti. Il personale è ridotto allo stremo, è ormai evidente che il Molise non è una meta ambita per i medici. Se nelle altre regioni c’è carenza di personale, qui la carenza è diventata emergenza. Siamo oltre la soglia del fallimento.
Qualche aspettativa si era generata con l’arrivo di due commissari non politici. Due tecnici dal curriculum specchiato, che non dovendo subire le pressioni a cui sono sottoposti gli amministratori locali, avrebbero potuto agire con più celerità.
Probabilmente nei primi sei mesi di lavoro avranno fatto quanto chi li ha preceduti ha realizzato in una intera legislatura. Entrando nella strutture sanitarie pubbliche, tuttavia, la sensazione è che anche nell’ultimo periodo la situazione è ulteriormente peggiorata, al netto dei servizi cessati, com’è avvenuto per il Punto nascita di Termoli, o delle chiusure evitate in zona Cesarini mediante ricorso a professionisti esterni (il Pronto soccorso di Agnone o i reparti di Ortopedia di Isernia e Termoli).
Nonostante tutto, il sistema sta reggendo. Sta reggendo grazie alla determinazione, alla preparazione e al senso del dovere non comune che donne e uomini, ad ogni livello, stanno dimostrando di possedere.
Sta reggendo grazie a persone come Maria Marchese, l’infermiera che dalla postazione del 118 ha guidato il consigliere regionale Vittorino Facciolla nelle operazioni di primo soccorso, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza, ad un automobilista che aveva accusato un grave malore e senza le puntuali e preziose indicazioni della donna sarebbe sicuramente morto.
Maria è un eroe. Perché nonostante da lei può dipendere la vita di un’altra persona, non lavora in condizioni di oggettiva serenità. Oggi Maria è il simbolo di una categoria cha ha dimostrato di essere più forte di quanto il destino sembra aver riservato a questa regione.
L’infermiera l’altro giorno è stata insignita dalla presidenza del Consiglio regionale con una nota di merito che reca la riconoscenza dell’Assise e del Molise intero.
Almeno per senso di riconoscenza a chi, come Maria, tra mille difficoltà riesce a garantire la continuità nelle prestazioni, sarebbe necessario che a partire da oggi Regione, Asrem e commissari parlassero la stessa voce.
Il quadro dovrebbe essere chiaro anche a Giustini e Grossi: pensare che una regione per troppi aspetti particolare come il Molise possa essere gestita al pari della Lombardia o della Toscana non è possibile. Occorre certamente ridimensionare, se necessario ulteriormente tagliare e rimodulare i servizi. Non è più tollerabile, però, che dopo oltre dieci anni di commissariamento, al di là dello stato di salute dei conti, la situazione generale continui a peggiorare. Ciò è diabolico.
L’emblema della sanità pubblica del Molise è l’ospedale Cardarelli di Campobasso, unico Dea di I livello. Quella di contrada Tappino è una struttura degna dei servizi che eroga?
Tanti, tantissimi. Forse troppi gli errori commessi sinora. Ma continuare a perseverare mettendo in discussione il diritto alle cure costituzionalmente riconosciuto sarebbe disumano.
La classe politica regionale e parlamentare faccia quadrato e batta forte i pugni sulla scrivania del ministro Grillo.
Cedere ai compromessi dei numeri equivarrebbe a riconsegnare le chiavi del Molise a Roma.
Luca Colella

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