Ai tempi del Papeete, i social impazzirono per quel paragone impossibile: Salvini a petto nudo dietro la consolle da dj a Milano Marittima, Aldo Moro sulla spiaggia con giacca e cravatta.

Altra epoca, altri protagonisti. Eppure, nelle ore in cui l’Italia stava rapidamente virando verso il ritorno al potere silenzioso e mite per abbandonare quello spavaldo e ostentato del leader leghista, al nome di Moro in molti iniziarono ad accostare quello di Giuseppe Conte. Pugliese, professore, moderato, gentiluomo. Ieri a Campobasso è stato proprio lui a evocare lo statista Dc ucciso dalle Br. «Ho scoperto che l’ultimo presidente del Consiglio a visitare Isernia prima di me è stato Aldo Moro». Trent’anni fa.

Anche Conte è espressione dell’epoca che viviamo. Un tratto comune con Moro è stato evidente nella sua terza visita in Molise: considerati persone perbene, non sono tuttavia deboli, malleabili, mammolette. Guadagnano la scena in punta di piedi e lì rimangono. Con loro devono fare i conti quelli considerati ‘animali politici’.

A febbraio, poi ad aprile e ieri ancora di più: strette di mano, incoraggiamenti, abbracci e selfie. Rose dalle signore. E applausi. Spontanei, convinti, ripetuti. Non il tifo da stadio riservato ai machi da Papeete, simbolo di infatuazioni che sembrano amori assoluti e duraturi ma che l’Italia di oggi consuma e dimentica in fretta.

rita iacobucci

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