Masaniello è cresciuto: sindaco al secondo mandato dopo aver «governato cinque anni senza soldi». Masaniello è tornato: da sindaco di strada, di necessità virtù dopo la sospensione ad opera della legge Severino (era stato condannato in primo grado), e poi rientrato nel Palazzo dopo l’assoluzione. Nel Palazzo sostiene di aver portato la rivoluzione. Quella che si vede per le vie del centro pulite e profumate di creatività e nei quartieri storicamente degradati (Le Vele per tutti) e oggi orfani dell’impronta cupa e senza futuro della camorra.
Luigi De Magistris chiude a Campobasso la rassegna dell’Unione italiana lettori sulla legalità. La sala del Livre, al centro del capoluogo, è stracolma davvero. Tanta gente e il primo caldo: un’afa che sembra Napoli. Il ‘sindaco di strada’ presenta il libro ‘La città ribelle’. Città che ha sovvertito la prima regola del ‘sistema’: «A Napoli il potere forte è il popolo…».
Senza partito – come Macron, ma difficilmente l’accostamento soddisferebbe il primo inquilino di Palazzo San Giacomo – e antipatico alla stampa che conta (perché, dice, gli editori sono i poteri forti che lui combatte), l’ex pm cita Antonio Gramsci quando con orgoglio definisce questo feeling coi suoi amministrati «connessione sentimentale». D’altra parte come vuoi chiamarla quando «ti rivotano anche se hai governato senza soldi», tu sei in campo «senza partito» e hai come avversario Renzi, allora premier, «che ha schierato il governo»? «Se vieni riconfermato evidentemente la gente è soddisfatta, è contenta, al netto dei problemi, degli errori che si fanno e delle cose che bisogna ancora da fare».
Quando Bill De Blasio, antenati campani e neo sindaco di New York, arrivò nella Capitale del Sud Italia al suo collega disse che gli sembrava più difficile amministrare Napoli che la ‘Grande Mela’. «Però la stiamo amministrando, senza soldi e a mio avviso si vive una fase di riscatto grazie ai napoletani». Nel libro, scritto con la giovane giornalista Sarah Ricca che lo ha seguito passo passo per raccontare la città e il suo sindaco ‘rischia tutto’ e capopopolo, ci sono quasi sei anni di amministrazione. C’è «Napoli che ha risolto in un mese l’emergenza rifiuti che da anni strangolava la nostra città, Napoli che supera Firenze per presenze culturali nei musei». E ci sono pure gli «ostacoli dei governi centrali, le sofferenze, Napoli mille colori» con le parole di Pino Daniele.
«Non è il paradiso terrestre, ma una città di cui oggi non si parla più per Gomorra – e qui si percepisce una fierezza significativa del sindaco – ma per la sua fantasia, la creatività e la voglia di riscatto».
È una città che si è ribellata a «quell’intreccio tra affari, politica e camorra. Ribelle all’ingiustizia, un’esperienza non solo di strada ma anche istituzionale. Una città che si riscatta attraverso il suo popolo e che vede nella cultura la principale arma di riscossa della città di Napoli». Nelle interviste che l’ex magistrato rilascia alle tv coglie anche la somiglianza fra molisani e campani, in particolare per «genuinità, orgoglio, appartenenza alla terra, radicalità di contenuti, sensibilità e profondità. Siamo meridionali».
In prima fila, accanto alla direttrice artistica della rassegna ‘Ti racconto un libro’ Brunella Santoli, c’è la vice sindaca di Campobasso Bibiana Chierchia, Pd. La collega assessora Alessandra Salvatore (Pd di Emiliano). E la de Capoa, che da titolare della cultura fa gli onori di casa. Poco distante, Lucio Pastore, ex primario del Veneziale (dove ancora lavora come medico) sospeso dall’Asrem per le sue dichiarazioni che contestano il riordino sanitario del governatore renziano Frattura. In piedi, tra la folla, Massimo Romano, leader di Coscienza civica e acerrimo avversario del presidente in carica. Alcuni fra i tanti presenti. Molti compagni di viaggio del sindaco di strada, tanti curiosi di ascoltarlo pure se politicamente fanno scelte diverse, più tradizionali.
Lui si appunta le domande che arrivano dal pubblico e risponde raccontando episodi. Parla di Bagnoli, della ‘tarantella’ sul Patto per Napoli che non veniva firmato col governo Renzi perché il sindaco non si piegava – non lo dice con queste parole ma si rappresenta così – finché «sono andato dal Presidente della Repubblica». E si è firmato il Patto. Respinge l’etichetta di irrispettoso delle istituzioni, è stato magistrato. Però si sente assediato, con lui il suo popolo. Che glielo dice e lui ripete in dialetto: sindaco, stamme sotto attacco…
Un personaggio che regge la scena, ha la necessaria e innata presenza. Chiaro che con De Luca, altrettanto presente ma sceriffo e non magistrato – salernitano e non napoletano – non si intendano. «Siamo diversi in tutto». E ora che i rapporti col governo nazionale, non più guidato da Renzi, si sono normalizzati è con il governatore Pd che De Magistris non riesce a incontrarsi. «Io vorrei sostenere la cooperazione istituzionale, lui ritiene che si può fare a meno del sindaco di Napoli». r.i.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.