Si sono svolti giovedì mattina nella chiesa parrocchiale di Cuorgnè i funerali del giornalista Giampiero Paviolo, stroncato da un infarto mentre era in vacanza a Guardialfiera. Proprio dal centro che ha dato i natali al romanziere Jovine riceviamo e pubblichiamo dall presidente del Centro Studi Molise 2000 Vincenzo Di Sabato un paradigma di impressioni che lo stesso Paviolo scrisse riguardo al centro bassomolisano. “Un modo cortese – l’ha definito Di Sabato – per rendere omaggio alla sua figura e ricordarlo con la Sua stessa intensità d’affetto”. “Cari amici – scriveva Paviolo – il vostro cronista è capitato a Guardialfiera, un brandello d’Italia. Un paese di 1.200 abitanti che, chissà perché, può fregiarsi del titolo di città. Sta in coppa, cioè in cima a una collina, come spiega un’ariosa canzoncina locale. E da questa collina il borgo guarda un mondo di campi, di vigneti ed un lago azzurro che, da quarant’anni, ha sommerso orti e frutteti preziosi ed uno storico ponte romano, che pare sia servito ad Annibale per passare il Biferno e raggiungere Canne. E’ uno dei rari luoghi di mezza montagna che ha uno spiaggia quella di mare, che sta ad un quarto d’ora di macchina. Terra di emigranti e scalpellini. Città della pietra, tanto che pure il Vescovo titolare, monsignor Di Pierro, ha inserito nel suo stemma un saxus. Luogo del perdono: vanta la prima Porta Santa della storia. C’è oggi il derby estivo del paese’. Chiaza-Casalott, dove Chiazza è la piazza. Ed è una stranezza perché qui chiamano Chiazza, quella che altrove diremmo Via o più pomposamente Corso. Casalotto è tutto ciò che non è Chiazza, saranno forse i Casali più lontani. Giocare, cantare, mangiare sono le singolarità del luogo. Quasi tutti hanno voci robuste e ben impostate, che raggiungono il massimo splendore alla vigilia dell’Epifania, allorché si va di casa in casa cantando la Pasquetta, narrazione affascinante in strofe e in rima baciata, del cammino dei Magi che, dall’Oriente guidati dalla Stella cercano una grotta, mezza sana e mezza rotta, dove sta il Bambinello fra il bue e l’asinello. L’altro anno ho cantato anch’io, minacciando, con gli altri, i dimoranti della casa, di continuare il coro finché la porta non fosse stata aperta. Guardialfiera è ad uno sputo da Larino, dov’è nato Aldo Biscardi, amico di un mio amico, Nicolino Miscione, guardiese doc, trapiantato a Torino, cugino degli Ulissiani. Figlio di Vincenzo, patriarca dei Miscione, importante impresario che lasciò il paese, per guidare Nicolino verso una improbabile laurea in ingegneria a Torino. Guardialfiera è anche un paese di bugiardi. Il che potrebbe dire che, essendo bugiardi, in realtà dicono il vero. Francesco, il frantoiano, principe indiscusso della menzogna, s’inventa d’essere stato prete e di aver lasciato i voti per sposare una suora, sua penitente. Sempre lui, fece credere per giorni d’aver vinto 900 milioni al totocalcio. E ha potuto così riospitare parenti e amici svaniti da anni. Anche la mite Valeria, sua moglie (sì, ingannata anche lei) azzardò il sogno di una lavastoviglie. Francesco, un mattino di domenica, dà a credere al becchino sulla morte inaspettata di Leandro e, concitato, manda lì bara e catafalchi, mentre il morto, ignaro, stava inzuppando tranquillamente il pane nel vino. Un pomeriggio al bar, Francesco è mitragliato da getti d’acqua dalla nuova spina per le birre. Il genio entra in azione: “Fermi tutti” – urlò – “mi avete fatto zompare le lenti a contatto”. E per dieci minuti il titolare del caffè, setacciò il pavimento palmo per palmo, mentre nessuno osava muovere un muscolo per timore di schiacciare le sottilissime pellicole. Inutile dire che Francesco ha sempre avuto una vista perfetta. Il paese ha pure risentito dell’onda sismica che, nel 2002 a San Giuliano, ha sepolto i poveri bambini, sotto le travi della scuola. Dicono qui, che nessun Comune s’è accaparrato risarcimenti, come Guardialfiera. Il fatto è che il Sindaco, Remo Grande, giovane e corpulento geometra, non è rimasto a guardare e a perdersi in tardive lamentele. Semplicemente s’è industriato ad elaborare ed inoltrare scartoffie a tempo di record. Dopo la seconda scossa, il Sindaco allestì una tendopoli sul campo sportivo. Arrivò tutto il paese sbigottito. I guardiesi prudenti, per rianimarsi, pensarono di attrezzarsi adeguatamente di viveri e bevande, da saziare perfino le proverbiali voracità degli alpini, giunti dal primo pomeriggio. Sicché tra una spanciata e un bicchiere, il Sindaco vide il più noto fifone del paese, dirigersi versi i servizi igienici, appena montati. Insieme ad un amico di stazza altrettanto robusta, Remo attese che lo sventurato si chiudesse alle spalle il container e iniziò a scrollarlo con violenza: una, due, tre volte. Fino a quando l’occupante non ne uscì con la cintura in mano e le brache a mezza gamba, urlando con tutto il fiato in gola: “V’ terremoto! “Guardialfiera, un paese di dettagli colorati, di gerani che incendiano davanzali e balconi, di portali artistici, di una brezza odorosa e di un silenzio traforato di luce”.

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