Sarà il grande assente della Ndocciata dell’Immacolata. Una manifestazione creata dal nulla 23 anni fa grazie agli ottimi rapporti instaurati con Karol Wojtyla e i funzionari del Vaticano. Questa volta Enrico Marinelli, scomparso il 17 novembre scorso, si godrà lo spettacolo dall’alto del cielo al fianco del suo grande amico San Giovanni Paolo II. Dopo la visita del papa in Molise (19 marzo del 1995, ndr) fu proprio Marinelli a proporre che il più grande rito del fuoco al mondo sbarcasse a Roma per festeggiare il 50esimo anniversario di sacerdozio di Giovanni Paolo II. E così l’8 dicembre del 1996 gli ndocciatori delle cinque contrade Capammonde e Capabballe, Colle Sente, Guastra, San Quirico e Sant’Onofrio, infiammarono i cuori dei romani nel tempio della cristianità. Immagini che fecero il giro del mondo e immortalate dai maggiori media per un evento diventato appuntamento fisso nel calendario della cittadina altomolisana. Da quel giorno, Agnone e l’intero Molise guadagnarono una visibilità mai riscontrate prima. Come nacque l’idea di portare la Ndocciata nella Capitale fu proprio Marinelli a raccontarlo nel suo libro autobiografico ‘Papa Wojtyla e il Generale’.
«Nel mese di agosto (1996, ndr) il presidente della giunta regionale, il sindaco di Agnone, i presidenti delle due province, delle Camere di commercio e degli enti provinciali al turismo, inviarono una lettera alla segreteria di Stato vaticana con la quale, nel ricordo incancellabile della visita del papa avvenuta l’anno precedente, chiedevano di valutare la possibilità di svolgere una manifestazione nel giorno del 50° anniversario di sacerdozio del Sommo pontefice – scrive Marinelli -. Il 1 ottobre di quell’anno 1996, il papa, prima di lasciare le ville di Castel Gandolfo, al termine della permanenza estiva in quella località, volle salutare, come era solito fare, una rappresentanza delle forze di polizia nonché del mio ispettorato, per ringraziarle dei servizi svolti che avevano consentito un tranquillo e sicuro soggiorno. A quel punto gli dissi che l’8 di dicembre se Dio vorrà ci sarà un grande fuoco in piazza San Pietro, fino sotto le finestre del Palazzo Apostolico, questo fuoco che tanto predilige che ha tante valenze, tanti significati. Il papa mi guardò e rispose: attendo tutti i cittadini di Agnone. A questo colloquio erano presenti monsignor Dino Monduzzi, prefetto della casa pontificia, ed il segretario particolare del papa».
«Dopo alcuni giorni – scrive ancora Marinelli nel suo libro – precisamente il 5 ottobre, a tarda sera, verso le 22,30, fui raggiunto da una telefonata di monsignor Re, sostituto della segreteria di Stato, il quale mi riferì che poco prima il papa lo aveva convocato nel suo studio privato e gli aveva chiesto di essere aggiornato sul programma che sarebbe stato osservato l’8 dicembre. L’alto prelato gli aveva presentato il programma, ma ignaro del dialogo di qualche giorno prima tra me e il pontefice aveva omesso di inserire la Ndocciata, e fu così che lo stesso papa incaricò seduta stante di aggiungere la manifestazione a conclusione della giornata». Quell’episodio sancì di fatto la benedizione eterna del sacro rito dei Sanniti riproposto ogni 8 di dicembre in una escalation di emozioni che legano inseparabilmente il popolo dell’alto Molise alle figure di San Giovanni Paolo II e del prefetto Marinelli. Per la prima volta ‘Il Generale’ non ci sarà, ma l’8 a sera, al rintocco del campanone di Sant’Antonio che innesca l’accensione dei mille e più torcioni di abete, il pensiero di tanti agnonesi correrà a lui in una edizione da dedicargli senza ma e senza se.

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