Era il 23 settembre del 1985. Sono passati 30 anni dall’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, ucciso a Napoli dalla camorra, sotto la sua abitazione del Vomero, mentre rincasava dopo una giornata di lavoro. Giancarlo Siani era diventato un personaggio scomodo, un cronista che aveva osato ficcare il naso negli affari della criminalità organizzata, negli intrecci con la politica facendo venire a galla una serie di connivenze nate dopo il terremoto in Irpinia, connivenze nate – per gestire gli appalti pubblici, nell’ambito della ricostruzione delle aree devastate – tra i politici di Torre Annunziata e il boss Valentino Gionta. Della sua vita, del suo lavoro se ne parlerà lunedì nell’aula Fermi della biblioteca dell’Unimol a partire dalle 12.
Un appuntamento che rientra nel ciclo “Criminalità organizzata, territori, giornalismo” organizzato dal Comune con l’assessore alla Cultura Emma de Capoa e il presidente della Commissione cultura Giovanna Viola, col patrocinio dell’Università degli Studi del Molise. Ospite d’eccezione Paolo Siani, fratello del giornalista medico, presidente della Fondazione ‘Polis vittime innocenti della criminalità organizzata’. Saranno il sindaco di Campobasso Antonio Battista e il rettore dell’Unimol Gianmaria Palmieri a introdurre l’atteso intervento di Paolo Siani.
Alle 15 la seconda parte della giornata con il confronto ‘Raccontare le mafie. Sfide, difficoltà, opportunità nella comunicazione contemporanea’.
Introdurrà Lorenzo Scillitani, presidente del corso di studio in Scienze della Comunicazione, interverrà Danilo Chirico, giornalista e autore con Alessio Magro di “Dimenticati. Vittime della ‘Ndrangheta” e “Il caso Valarioti”. Le conclusioni saranno affidate all’assessore alla Cultura del Comune di Campobasso, Emma de Capoa.
“Prosegue l’impegno di questa amministrazione – dice l’assessore Emma de Capoa – sui temi della legalità, portando all’attenzione coloro che hanno pagato con la vita la propria battaglia contro la criminalità. Il giornalista Giancarlo Siani deve essere un esempio per le giovani generazioni, per questo abbiamo pensato all’Unimol per questo momento di confronto, per il suo coraggio di scrivere quanto stesse accadendo nella sua terra, senza aver paura della camorra. È significativa una sua definizione di giornalista: ‘La criminalità, la corruzione non si combattono soltanto con i carabinieri. Le persone per scegliere devono sapere, devono conoscere i fatti. E allora quello che un ‘giornalista’ dovrebbe fare è questo: informare’. Lui questo faceva, permetteva alle persone di conoscere la realtà dei fatti, quello che un cronista serio, in ogni luogo d’Italia, dovrebbe fare, senza permettere che nessuno possa, pur solo idealmente, censurare, la propria libertà di espressione”.

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