Che gli stipendi dei dipendenti molisani fossero meno ‘corposi’ rispetto a quelli degli altri connazionali era un fatto risaputo. Ma ora a certificare questo divario tra le buste paga del nord e quelle del sud ci ha pensato l’osservatorio JobPricing, che ha stilato per Repubblica.it una classifica delle retribuzioni annue del settore privato. Una rivelazione che tiene in considerazione soltanto i lavoratori assunti con forme di lavoro dipendente, escludendo quelle atipiche e gli stipendi della pubblica amministrazione. Le regioni dove si guadagna di più, manco a dirlo, sono quelle del nord Italia. Medaglia d’oro alla Lombardia, con una media di 31.179 euro lordi. Sul podio anche il Trentini Alto Adige con 30.803 euro ed i cittadini dell’Emilia Romagna che ogni anno guadagnano 29.894 euro. Fanalino di coda la Calabria, che garantisce ai propri cittadini uno stipendio di 23.465 euro. Non se la passano meglio i lucani ed i sardi, che dopo un anno di lavoro portano a casa rispettivamente 23.876 euro e 24.110 euro. Al quart’ultimo posto si attesta il Molise. La retribuzione di un lavoratore dipendente nella nostra regione tocca i 24.600 euro l’anno, quasi 7mila euro in meno rispetto ad un collega lombardo. Una forbice non di poco conto, che indica la distanza che il mezzogiorno continua pericolosamente a mantenere nei confronti del nord Italia. Un divario che non riguarda, purtroppo, solo la media degli stipendi. Basti pensare ai dati relativi alla disoccupazione giovanile, che in Molise ha raggiunto livelli allarmanti: un ragazzo su due non lavora, e la maggior parte dei ragazzi di età compresa tra i 16 e i 30 anni ha addirittura smesso di cercare un’occupazione. Senza contare poi il bollettino di guerra che si registra annualmente con i dati riguardanti le attività che chiudono i battenti, il calo dei posti di lavoro in settori come l’agroalimentare, l’edilizia e la sanità. Insomma, l’ultimo studio sulle retribuzioni annue rappresenta solo la punta dell’iceberg di una situazione emergenziale che colpisce il Molise e il sud in ogni comparto, come sottolineato anche dalla Cgil, che, sulla scorta della classifica pubblicata su Repubblica.it, ha rimarcato “la necessità di un impegno straordinario che ponga al centro il tema del lavoro, i suoi diritti e la crescita dei redditi. Senza interventi seri – prosegue la nota del sindacato – la stessa economia regionale non troverà un vero momento di ripresa, poiché con redditi così bassi si rischia di deprimere la domanda interna rendendo sempre più difficile prospettare una nuova visione di crescita economica e sociale. Per queste ragioni – conclude la Cgil – da tempo ci battiamo e continueremo a batterci per difendere e non smantellare l’attuale tessuto produttivo della regione e nel contempo chiedere un nuovo e diverso sviluppo che produca nuova e buona occupazione e qualità della vita”.

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