L’ambizione è alta. “Vorremmo che Campobasso diventasse una sorta di piccolo Guggenheim”, dicono dalla ‘Associati Malatesta’ riferendosi al museo di arte moderna e contemporanea di New York. E’ grazie a questa associazione se in città si respira, almeno per una volta all’anno, un clima diverso e se tanti angoli e palazzi sono diventati più piacevoli da guardare.

Certo, per loro la sfida è doppiamente difficile visto che l’amministrazione di Palazzo San Giorgio latita e forse non si è accorta che è entrato nel vivo il ‘Draw the line’, uno dei più importanti festival d’Italia dedicati alla street art, capace di attirare appassionati e video maker da altre regioni.  Campobasso è diventata meta dei principali artisti del settore che fanno quasi a gara per poter prestare la loro opera perché “qui è possibile esprimersi liberamente, non c’è censura”.

La manifestazione, nata nel 2011 (dopo la vittoria di un concorso che ha consentito all’associazione di accedere a fondi nazionali) e finanziata quest’anno grazie al sostegno dei cittadini attraverso il cosiddetto crowdfunding, consente il recupero dei quartieri più ‘difficili’, quelli in cui il degrado è più evidente. In questi giorni, tra il quartiere San Giovanni e via Novelli, sarà possibile vedere all’opera writers di livello nazionale e internazionale.

Via Marche è una delle location del festival. Qui l’artista toscano Zed1 ha cominciato il suo lavoro con spray e vernici. E’ arrivato da Certaldo, in provincia di Firenze, il paese “in cui ha vissuto Boccaccio”, spiega durante quella che definisce “una pausa di riflessione”. E’ in compagnia di due rappresentanti dell’associazione, Lara e Camilla. A pochi metri di distanza si inizia a intravedere la sua opera che “sarà una critica sociale”.

L’articolo completo domani su Primo Piano Molise. 

5 Commenti

  1. Donato Paolone scrive:

    Sottoscrivo le parole del signor Libertucci.

  2. mi dispiace ma non sapete di cosa state parlando….i fondi e il tempo sono propri dell’associazione e vi invitiamo a recarvi presso il muro dove si sta realizzando l’opera così possiamo spiegarvi meglio l’organizzazione dell’intero festival.

    • Gianpaolo Libertucci scrive:

      A dicembre del 2014 ho assistito alla conferenza di un ingegnere di origini laziali, docente dell’Unimol, che parlava di opere di riqualificazione urbana al quartiere Cep. Erano opere che prevedevano il parziale cambiamento architettonico di case ed edifici che lui ha testualmente definito “brutti”. Notate: cambiamento architettonico, quindi strutturale. Ciò significa che un disegno non è in grado di modificare la struttura di qualcosa che elogia il brutto e che ha avuto il colpevole, clientelare avallo di passate commissioni edilizie. Sottolineo, inoltre, in parte unendomi agli altri due lettori, quanto la nostra città sia rapida nel mobilitarsi per iniziative che esaltano la forma e non la sostanza, e questo indipendentemente da chi finanzia gli eventi. Magicamente, cade in letargo quando si tratta di operare per i problemi reali. A noi occorre ben altro che queste iniziative!

  3. Mariapaola Marchitto scrive:

    Ma invece di pensare all’impianto sanzionatorio verso gli imbrattamenti selvaggi e quindi alla certezza della pena, alla cura del verde pubblico, a costruzioni che non siano delle caserme, e agli impianti sportivi, si pensa a queste idiozie? Magicamente, tempo e risorse si trovano in questi casi. Sono senza parole…

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