Gentile direttore editoriale,
mi chiamo Nicola Miniello e sono un assiduo frequentatore della chiesa Santissimo Rosario, detta anche della Carità, sita in via Garibaldi a Campobasso.
Da diversi anni, nei giorni di giovedì e venerdì santo, non si celebrano sia la messa in Cena Domini sia le funzioni della Passione del Signore.
Non spetta a me giudicare il motivo di tale decisione, ma credo, con serenità, obiettività, umiltà, pace ed amore nel Signore che una considerazione vada fatta.
Credo, altresì, di interpretare il pensiero e la richiesta di tutte le persone che frequentano giornalmente la chiesa di cui sopra; sono quasi tutte persone sole e anziane con “acciacchi” vari che abitano vicino alla chiesa e che nella settimana santa, sistematicamente, si lamentano della chiusura dicendo: «Dove dobbiamo andare giovedì e venerdì santo?».
Spero che non facciano peccato ma non dare la possibilità di partecipare a chi non può recarsi altrove non mi sembra una scelta adeguata.
Dopo l’anno della misericordia, del perdono e dell’amore credo che un gesto di bontà per annullare la decisione di non consentire le funzioni nei giorni succitati non può essere che accolto con gioia da tutti quelli che frequentano la chiesa della Carità.
E, quale misericordia, perdono e amore può essere più grande di quella di dare la possibilità a chi è solo, anziano e malato di potersi recare giovedì e venerdì santo nella chiesa che frequenta tutti i giorni e che per lui è come una casa, una santa e dolce casa?
Papa Francesco, credo, abbia detto di aprire le sacrestie, i conventi, le chiese, ecc perché Dio è tutto è solo misericordia.
La chiesa essendo amore deve trovare misericordia per tutti e dare la massima possibilità, per chi lo desidera, di partecipare ai riti sacri.
Voglio, infine, evidenziare che prima le funzioni del giovedì e venerdì santo sono state sempre celebrate in quanto, pur non essendo parrocchia, tale chiesa, con le dovute proporzioni, è una delle più frequentate (ogni giorno ci sono più di 30 fedeli ed il sabato e la domenica è piena).
Con l’occasione, le invio, anche a nome di tutti i fedeli, i migliori auguri per una Santa Pasqua nel segno della misericordia e dell’amore.
Ripalimosani, 5 aprile 2017
Nicola Miniello

2 Commenti

  1. Ettore scrive:

    Campobasso sconta vocazioni ridotte al lumicino: lo stesso presbitero che deve curare una parrocchia ne ha anche un’altra se non altre due. Il tutto nell’indifferenza generale, in primis di un certo clero, che non pensa minimamente ad avvicinarsi ai giovani così come si fa altrove, ed un segnale tangibile di avvicinamento è attraverso gli oratori, i ritiri spirituali, le cene o i pranzi comunitari, le attività che fanno crescere l’essere umano nella sua completezza e gli fanno riscoprire se stesso. Si può sottovalutare quanto si vuole questo aspetto, ma ciò significherebbe semplicemente guardare alla realtà con lenti distorte.

  2. Mara Iapoce scrive:

    Giuste osservazioni, tuttavia c’è da dire, con molta onestà intellettuale, che a Campobasso -cosa molto strana per una città che si è sempre presentata così devota- si sta perdendo la spiritualità di un tempo, e dunque anche le vocazioni sacerdotali. Guardate alla Cattedrale: dai cinque-sei sacerdoti di una volta si è passati a due, e ad un mortorio che farebbe tornare in vita Don Pasquale (magari anche per capacità oggettive di chi la gestisce adesso). Guardate alla chiesa di San Francesco: tutti pugliesi o campani. E’ un segno, no? Magari lo stesso sacerdote attempato che gestisce la chiesa della Carità gestisce anche altre chiese o attività, dunque non si pretenda laddove c’è un problema di fondo a cui il nostro vescovo tocca di guardare in faccia, prima o poi. La soluzione è dietro l’angolo, e lo dico senza ipersemplificare la realtà, ma solo perché ho vissuto in altri posti dove la “formula” ha funzionato e continua a funzionare: innanzi tutto la creazione ed il potenziamento degli ORATORI, ossia luoghi dove i ragazzi, strappati alla noia della strada, si plasmino a 360°, ossia come uomini e credenti. Gli oratori in stile salesiano, dove si gioca a calcio, si recita, si studia, si parla, si prega, sono i luoghi che hanno il numero maggiore di vocazioni. La seconda soluzione è legata ai genitori: non ostacolino le vere vocazioni dei propri figli, non pensino che questi ultimi debbano necessariamente fare i medici o gli ingegneri (e a Campobasso, purtroppo, questa mentalità è diffusa), e li amino nel senso vero del termine, sviluppando al meglio le loro inclinazioni. In questo modo Campobasso avrà i suoi sacerdoti nostrani e la chiesa della Carità, così come altre minori, le sue celebrazioni liturgiche. Mi auguro che Monsignor Bregantini stia leggendo.

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