Subito un passaggio (per lasciare poi il dovuto e sacrosanto spazio alla cronaca di una manifestazione che mercoledì sera ha riempito il Teatro Savoia) per dire che mai come questa volta ci sarebbe piaciuto chinarci a mani giunte anche al cospetto dell’amministrazione comunale che ha promosso l’evento «Campobasso, il culto di San Giorgio e le sue tradizioni» cui hanno lavorato le classi 3C, 4A-B-C-D, 5A e 5B dell’istituto compre
nsivo Leopoldo Montini (in collaborazione con l’associazione culturale arti e tradizioni Fontanavecchia, l’associazione Pro crociati e trinitari e Musec). Invece nessuno degli inquilini di Palazzo San Giorgio ha avuto la sensibilità di partecipare alla manfestazione lasciando miseramente vuoti quei posti riservati proprio a loro. Non un consigliere comunale, non un membro della commissione cultura, non un rappresentante della giunta. I loro, gli unici posti vacanti. Un vero peccato! Questa volta Palazzo san Giorgio avrebbe preso insieme agli alunni, agli insegnanti, alla dirigente scolastica e alle associazioni un meritato e lungo applauso di compiacimento e forse – grazie ai ritrovamenti storici fatti dai bambini – avrebbero scoperto molto di nuovo e inesplorato nelle nostre radici e nel passato che ci appartiene.
Sì, perché dopo un lungo percorso di ricerca, studio, analisi e confronto didattico i bambini delle suddette classi, guidati dalle straordinarie insegnanti dell’istituto «L.Montini», stimolati dall’energia contagiosa e dalla fame di cultura dell’insegnante Maria Cristina Salvatore, scrutati nel loro operato dall’attenta dirigente scolastica Agata Antonelli, hanno portato in scena al Teatro Savoia una straordinaria «Campobasso». Colta nella fede verso il Santo patrono, rappresentata nella lunga guerra tra crociati e trinitari, raccontata negli abiti tradizionali, cantata nei versi del folclore, raffigurata in danze rinascimentali e popolari.
Tucidide docet: per comprendere il presente bisogna conoscere il passato e, di questi tempi, quale strumento migliore per farlo se non il teatro? Ad alcuni potrebbe suonare anacronistico, ma non è affatto così. Si fa sempre più spazio la consapevolezza che alcune vicende e storie possono arrivare solo se veicolate in un determinato modo. Il codice teatrale può ricordarci il valore della parola, così denaturata dalla comunicazione di massa.
Il sipario si è aperto con il canto «Mulise scanusciute» per passare subito dopo all’interpretazione di due simpaticissimi turisti che – in giro per le strade del capoluogo regionale – si fermano davanti alla statua di San Giorgio. Questi, con bravura ed encomiabile disinvoltura, chiarisce alla coppia di visitatori molti dubbi spiegando i motivi che lo legano alla città.
Ci ha pensato l’attore Marco Caldoro con la sua voce e indubitabile bravura a narrare le sanguinose vicende dei crociati e dei trinitari, l’amore di Fonzo Mastrangelo e Delicata Civerra mentre alle sue spalle attori e figuranti animavano i testi.
La vita di corte era non solo guerre e amori dolorosi, ma anche danza.
Balli signorili e raffinati che le splendide dame dell’epoca rinascimentale – vestite nei loro abiti cuciti da mamme e nonne laboriorse – hanno interpretato con i loro piccoli cavalieri ammaliando il pubblico presente.
Si è passati dunque a raccontare il Castello Monforte e ad omaggiarlo con il canto «Viecchie Castielle» per finire con le danze popolari (Ballarella del Matese), la rappresentazione dell’abito tradizionale campobassano in uso fino a fine ‘800 e studiato nei minimi particolari dall’associazione Arti e tradizini Fontanavecchia fino a chiudere il sipario con il conosciutissimo canto «L’amore mie che vvo’».
Novanta minuti di storia e tradizioni che hanno portato per mano (quelle dei bambini) tutto il pubblico presente alla scoperta delle proprie radici, alla rivalutazione delle proprie origini.
Un lavoro grandioso quello degli alunni dell’istituto comprensivo «Leopoldo Montini» e delle loro insegnati. Bravi. Bravi tutti. Ci.A.

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