Dalla descrizione emersa dal progetto giunto in Prefettura sembrava il centro di accoglienza ideale. Un piano terra con bar-ristorante, un primo piano pronto ad ospitare almeno 87 migranti.
Alla domanda di partecipazione tutti i certificati allegati sembravano in ordine. Atti, attestati e documentazioni edili, nulla di anomalo.
Ma alla verifica della Squadra mobile del capoluogo invece è emerso un mondo sommerso di business e presunti affaristi che sui destini degli ospiti in fuga da guerra e disperazione avevano guadagnato fino a quel momento almeno 68mila euro.
Il sostituto Nicola D’Angelo nei giorni scorsi ha dunque inviato a cinque persone responsabili a vario titolo dei reati imputati all’impresa che ha partecipato al bando, altrettanti avvisi di garanzia.
Falsità ideologica, frode, turbata libertà degli incanti, e tutto in concorso, sono alcuni dei delitti che – se i cinque saranno rinviati a giudizio – dovranno spiegare ai giudici dal banco degli imputati.
Nell’edificio 25 posti letto. Soltanto che i cinque avevano attestato di poter accogliere almeno 87 migranti.
Il quintetto aveva partecipato – dicevamo – al bando per l’affidamento della gestione di servizi di accoglienza temporanea di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale.
Domanda, la loro, accolta. E, dunque, poco dopo la firma dell’intesa chiesta dalla Prefettura. Ma, ahimè, basata su false attestazioni che la Polizia ha spulciato e verificato.
Il legale rappresentate dell’impresa aveva “falsamente” dichiarato che il centro dell’area matesina era agibile, rispondente alle norme urbanistiche, edilizie, di impiantistica, igienico- sanitarie e di prevenzione incendi. E che poteva ospitare “tre donne e 84 uomini”.
Il 22 luglio dello scorso anno, quando l’impresa si apprestò a firmare la convenzione con l’Ufficio territoriale di governo, possedeva un certificato di agibilità del 1983 soltanto per due dei tre piani, e senza alcun certificato di collaudo.
C’era in ‘pianta’ infatti un terzo appartamento, bene illustrato nel progetto, che doveva però essere completato per realizzare altre 17 stanze. I certificati per le opere di compimento, però, sono stati rilasciati quando i migranti erano già nella struttura.
Nel fascicolo idoneo all’apertura di un centro d’accoglienza non c’era una lunga serie di altri documenti per i quali gli inquirenti sono stati perentori, sostenendo che in quelle condizioni “non vi erano le misure minime di sicurezza perché il Centro di accoglienza (…) rimanesse attivo”.
I cinque indagati sono andati oltre. Hanno dichiarato nomi di ditte che avrebbero portato a termine lavori edili, elettrici, idrici e di conformità, ma – chiamate a rendicontare al riguardo – le stesse imprese, negli uffici degli inquirenti, hanno ammesso di non aver mai eseguito quelle opere loro attribuite.
Dagli atti giudiziari il quadro appare chiaro. Tutti e cinque “in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso” turbavano, in sostanza, la gara a procedura aperta (n. 6343018 – CIG 6598999F/2016) indetta dalla Prefettura per l’aggiudicazione “di contratti per la gestione del servizio di accoglienza in favore di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale” favorendo l’aggiudicazione della gara a loro stessi nonostante l’assenza dei requisiti essenziali richiesti dal bando.
Inoltre, nulla hanno realizzato anche in seguito per rispettare gli impegni presi in fase di sottoscrizione dell’intesa.
L’accoglienza che prevede locali idonei sotto ogni aspetto, era stata espletata in “strutture potenzialmente pericolose o dannose per la salute e l’incolumità degli ospiti”.
Insomma, consapevoli di indurre la Prefettura in errore, avrebbero provato ad alimentare nelle loro tasche il business sull’accoglienza dei migranti richiedenti asilo e protezione. La Squadra Mobile li ha fermati, la Procura li ha formalmente indagati. Ora si attende l’udienza del Gup.
ppm

Un Commento

  1. di lisa giuseppe scrive:

    mandare indietro i migranti, e mettere sul barcone anche i 5 indagati.

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