C’era chi durante l’orario d’ufficio andava a fare shopping e chi in palestra. Qualcuno si preoccupava di altro, ma le faccende erano pur sempre di tipo personale. Finora la Squadra mobile di Campobasso, coordinata dal sostituto procuratore Nicola D’Angelo, ne ha denunciati sette. E sono tutti dipendenti del Consiglio regionale.
A partire da ieri mattina gli agenti hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini condotte negli uffici di Palazzo D’Aimmo a tutte le persone (sono sia di sesso maschile, sia femminile) iscritte nel registro degli indagati per ipotesi di reato legate all’assenteismo.
I reati contestati sono la truffa ai danni di un ente pubblico, che in questo caso è la Regione.
Tra i soggetti sottoposti ad attività investigativa, alcuni si “aiutavano” a vicenda nel mettere in atto il raggiro.
C’era un dipendente periodicamente intento a fare spese durante l’orario di ufficio e un altro che invece si preoccupava di fare sport uscendo dall’ufficio in giacca e cravatta e rientrando in tenuta ginnica, soltanto per il tempo necessario a “stimbrare” il cartellino.
Gli investigatori hanno poi accertato che almeno in quattro, d’accordo tra di loro, non solo si assentavano dal posto di lavoro ma lasciavano il badge al collega di turno perchè lo timbrasse in modo «da alterare le presenze rilevate dal sistema di controllo», inducendo quindi in errore il Consiglio regionale circa gli orari di lavoro effettivamente svolti e «procurandosi un ingiusto profitto patrimoniale».
Il danno erariale è ancora in fase di valutazione, ma le ore di assenza certificate dagli investigatori sono diverse. Trenta, quaranta, cinquanta ore “rubate” in un solo mese di attività investigativa. E davanti a questo scenario non sono in pochi a chiedersi: cosa sarebbe venuto fuori se le indagini fossero proseguite per un intero anno?
Un comportamento opinabile e perseguibile quello dei sette dipendenti che hanno un’età compresa fra i 33 e i 62 anni. Dipendenti pubblici che hanno percepito indebitamente retribuzioni accessorie allo stipendio per prestazioni non effettuate.
Nei confronti di alcuni impiegati l’attività d’indagine ha consentito di rilevare come fossero quasi abitudinari nell’allontanarsi periodicamente intenti a sbrigare faccende personali e rientrare in ufficio soltanto per ‘certificare’ l’assenza ufficiale (a quel punto il turno doveva per forza risultare terminato).
Al termine di numerosi sopralluoghi, appostamenti e pedinamenti, svolti dagli agenti di Raffaele Iasi della questura di via Tiberio, è emerso, in sostanza, un vero e proprio ‘sistema’ di illeciti.
In particolare, l’attività d’indagine, eseguita anche con il ricorso alla strumentazione tecnica, ha evidenziato «una vasta ed eterogenea serie di illeciti come la timbratura cumulativa dei cartellini di presenza per coprire l’abituale allontanamento di dipendenti per tornare o rimanere a casa propria o, ancora, dedicarsi ad altri impegni personali o familiari».
Ora gli indagati a partire da ieri hanno 20 giorni di tempo per produrre memorie difensive o documenti che li discolpino dalle accuse di truffa (articolo 640 del Codice penale) e concorso formale, reato continuato (articolo 81 del Codice penale).

Ci.A.

Un Commento

  1. Mara Iapoce scrive:

    Che si facciano nomi e cognomi di questi parassiti, che li si licenzi senza possibilità di reintegro e che gli si commini una sanzione degna di questo nome. Sono solo dei mezzi uomini che infangano il nome di chi lavora seriamente o di chi è alla ricerca disperata di un’occupazione. Che mettano la testa sotto la sabbia!

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