Sette persone, dipendenti a tempo indeterminato e determinato a Palazzo D’Aimmo, iscritte sul registro degli indagati con l’accusa di truffa ai danni di un ente pubblico. Qualcuno durante l’orario di lavoro andava a fare shopping, altri preferivano dedicarsi all’attività fisica per un’ora di palestra. All’indomani della notizia, che ha fatto molto rumore in città, sui ‘furbetti del cartellino’ del Consiglio regionale ‘incastrati’ dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile interviene l’avvocato Mariano Prencipe, legale di tre dei sette indagati. Una delle persone difese non lavora più presso la Regione, invece gli altri due hanno un contratto a tempo indeterminato. «Ci hanno notificato solo l’avviso di conclusione delle indagini – ha commentato Prencipe – e non abbiamo ancora visto il fascicolo. Quello che per il momento rilevo è che la posizione dei due dipendenti a tempo indeterminato sia molto più leggera e sembrano, in prima battuta, anche essere delle condotte giustificabili. Ma voglio leggere gli atti del pubblico ministero e capire quali possono essere gli elementi a supporto di questa accusa. Chiederemo di essere ascoltati per fornire le giustificazioni. So che ci sono delle riprese, non riesco a capire se ci sono stati dei pedinamenti oppure no, perché dai capi di imputazione non emerge dove sarebbero andati i dipendenti. Ad ogni modo la posizione dei due dipendenti a tempo indeterminato mi sembra giustificabile e anche dal punto di vista economico mi sembra irrisoria. Tutti gli episodi comporterebbero un danno di circa 100 euro, quando invece c’è una giurisprudenza che dice che l’entità del danno dovuto all’assenteismo deve essere economicamente apprezzabile». Secondo gli inquirenti alcuni si “aiutavano” a vicenda nel mettere in atto il raggiro. Gli investigatori hanno accertato che almeno in quattro, d’accordo tra di loro, non solo si assentavano dal posto di lavoro ma lasciavano il badge al collega di turno perché lo timbrasse in modo «da alterare le presenze rilevate dal sistema di controllo», inducendo quindi in errore il Consiglio regionale circa gli orari di lavoro effettivamente svolti e «procurandosi un ingiusto profitto patrimoniale».
Il danno erariale è ancora in fase di valutazione, ma le ore di assenza certificate dagli investigatori sono diverse. Trenta, quaranta, cinquanta ore “rubate” in un solo mese di attività investigativa. Nei confronti di alcuni impiegati l’attività d’indagine ha consentito di rilevare come fossero quasi abitudinari nell’allontanarsi periodicamente intenti a sbrigare faccende personali e rientrare in ufficio soltanto per ‘certificare’ l’assenza ufficiale (a quel punto il turno doveva per forza risultare terminato).
Al termine di numerosi sopralluoghi, appostamenti e pedinamenti, svolti dagli agenti di Raffaele Iasi e coordinati dal sostituto procuratore Nicola D’Angelo, è emerso, in sostanza, un vero e proprio ‘sistema’ di illeciti.
In particolare, l’attività d’indagine, eseguita anche con il ricorso alla strumentazione tecnica, ha evidenziato «una vasta ed eterogenea serie di illeciti come la timbratura cumulativa dei cartellini di presenza per coprire l’abituale allontanamento di dipendenti per tornare o rimanere a casa propria o, ancora, dedicarsi ad altri impegni personali o familiari».

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