Da quattro anni siede sulla poltrona più ‘scomoda’ di Palazzo San Giorgio. Ma sapeva che l’Urbanistica sarebbe stata una sfida complicata e allo stesso tempo avvincente con cui confrontarsi. Bibiana Chierchia conosceva i ‘rischi’, ma ha accettato «con entusiasmo» di ricoprire il ruolo di assessore e vicesindaco nella giunta Battista. Nonostante gli attacchi pressoché continui dell’opposizione, ma anche di parte della sua stessa maggioranza. Campionessa di preferenze nel 2014, a meno di un anno dalle elezioni comunali, l’assessore tira le somme e preannuncia di essere pronta a scendere nuovamente in campo per confermare il centrosinistra alla guida della città.
L’Urbanistica è certamente uno dei settori più delicati da gestire. Quali, secondo lei, i risultati raggiunti e quali invece gli obiettivi mancati?
«Un’attività non facile perché non è facile amministrare una città capoluogo come Campobasso che partiva e mantiene ancora una serie di svantaggi legati alle infrastrutture e alla gestione di mancata visione del territorio che le politiche regionali e locali negli ultimi decenni hanno avuto.
L’Urbanistica è una delega complicata, ne approfitto per ringraziare Battista che ha avuto il coraggio politico ed umano di affidare un assessorato centrale, fondamentale per lo sviluppo della città e per l’attuazione del suo programma di governo a persone che sono arrivate con un entusiasmo incredibile e con l’esperienza professionale e umana, ma che non avevano mai ricoperto una carica assessorile. Il bilancio della mia attività, dal punto di vista umano e personale, non avrei mai immaginato che potesse essere così positivo. È stata una full immersion nella materia urbanistica e posso dire di aver imparato tantissimo, sia dal punto di vista tecnico che del diritto. Se provo a guardare con gli stessi occhi del 2014, partendo dalla prima delibera – che riguardò il rigetto della richiesta di un imprenditore di una proroga della convezione di Parco dei Pini – e se penso a cosa successe e a come la maggioranza, che poi ho imparato a conoscere, provò a manipolare quella situazione, ovviamente il bilancio è complicato. Ho vissuto dei periodi di profondo sconforto, perché la delega all’Urbanistica rappresenta ciò che veramente resta in capo e nelle mani del Consiglio comunale. Ma fino ad un certo punto. E mi riferisco al Piano casa, allo scempio del territorio italiano concepito dal governo Berlusconi, che si continua a perpetrare a cascata nelle leggi regionali che purtroppo si possono ancora emanare. E su questo non ho alcun problema ad addossare le responsabilità anche al quel centrosinistra di cui mi onore di far parte, al governo di Paolo Frattura che rispetto alle posizioni della maggioranza Battista di assoluto ostracismo e di contrasto alla legge del Piano casa ha fatto orecchie da mercante.
Ma ci sono stati anche degli importanti risultati. Stiamo finalmente chiudendo tutti i capitoli dei contratti di quartiere, frutto di quella illuminata visione di riscatto e di recupero urbanistico di fine anni ‘90 (dove purtroppo si sono infilate sacche di interessi e dove c’è stato uno sperpero di fondi e di tempo), abbiamo consegnato le residenze protette, stiamo per consegnare le 20 villette del quartiere San Giovanni.
La vittoria è stata sicuramente il bando Periferie e noi siamo stati bravi a cogliere questa opportunità e a ottenere l’intero finanziamento di 18 milioni. E poi i quasi 6 milioni di agevolazioni previsti dalla Zona Franca Urbana».
Il problema atavico è però la mancanza di un Piano regolatore al passo coi tempi, quello in vigore risale agli anni ‘70.
«Per la verità non era intenzione della giunta Battista mettere mano ad un nuovo Piano, anche alla luce delle drammatiche esperienze dei governi precedenti. Mi riferisco alla grande occasione persa, la ‘bocciatura’ del piano Beghinò (il piano regolatore proposto della prima consiliatura Massa, ndr). Rispetto a questo noi ci siamo mossi con il recupero di alcuni accordi di programma e con delle revisioni, per ora parziali, del regolamento edilizio».
Analizzando i risultati dal giorno in cui lei ha varcato, da prima eletta, la soglia di Palazzo San Giorgio ad oggi è innegabile che il Pd abbia subito un tracollo vertiginoso. Cosa si è rotto con i cittadini?
«Ci sono stati molti errori che ho analizzato individualmente e anche nelle sede degli organi di partito visto che faccio parte della segreteria dimissionaria – e mi preme ripeterlo – del Pd. Le prime responsabilità sono nostre, del gruppo dirigente Pd e sono da legare al rapporto politicamente sbagliato che, come segreteria, abbiamo messo in piedi con il governo regionale. Forse per ingenuità alla segreteria è mancata quella carica di sprone nei confronti del governo regionale, è mancato il dialogo e ascolto con il territorio che parzialmente come partito abbiamo realizzato, ma che non abbiamo assolutamente preteso dall’organo regionale. Cosa che invece nella nostra esperienza comunale continuamente attuiamo, è stato il nostro modus operandi per 4 anni.
La giunta che l’ex presidente della Regione ha composto attraverso accordi politici elettorali gli ha tirato politicamente il freno in partenza. È mancato il coraggio, avevamo come centrosinistra e Pd i numeri per governare, ci siamo fatti irretire della visione di accordo e di condivisione con gli alleati. Purtroppo però i nostri alleati non erano di centrosinistra, e ce lo hanno raccontato le ultime elezioni. Poi sicuramente ci hanno penalizzato anche le frizioni all’interno del nostro partito, questa errata divisione tra ‘fratturiani’ e ‘rutiani’».
Lei ha parlato di accordi elettorali e di alleati non di centrosinistra che hanno tirato il freno alla giunta Frattura. Pensa che una situazione analoga abbia condizionato anche i 4 anni dell’amministrazione Battista?
«È chiaro, il dibattito all’interno della maggioranza esiste, ma è un dibattito che riesce ad arrivare a sintesi. Che la maggioranza Battista presenti delle disomogeneità, delle sfasature e, soprattutto negli ultimi tempi, delle fughe in avanti è un fatto. Ma la connotazione di gran parte della maggioranza di Battista è di centrosinistra. Certo, sulla parte residuale ho qualche dubbio. Io personalmente mi interrogo sulla collocazione di alcuni esponenti di maggioranza e credo che noi ora dobbiamo pretendere di sapere da che parte stanno. Faccio un esempio su tutti, il consigliere Ambrosio. Io da sempre provo a chiedere conto alla mia maggioranza di dove sia collocato il consigliere Ambrosio. Non ha mai votato un bilancio, una delibera di urbanistica, come fa ad essere incardinato in maggioranza ed affermare di essere parte della squadra Battista?».
E dunque, con le elezioni alle porte, crede che ci saranno dei riposizionamenti?
«Temo dei riposizionamenti e credo si replichi anche a Campobasso il modello delle elezioni del 22 aprile.
Il centrosinistra riconfermerà Battista o ci saranno le primarie per scegliere il candidato sindaco?
«Riprendo l’intervento che Frattura ha fatto in assemblea. I prossimi candidati sindaci di centrosinistra (di Campobasso e Termoli) sono quelli uscenti. Se loro non volessero candidarsi o se loro volessero invocare le primarie, ben venga. Ma per portare a termine una esperienza e per restituire la città (parafrasando lo slogan elettorale di 4 anni fa) c’è bisogno di una seconda consiliatura. Lo dimostra benissimo l’esperienza di Massa che ha cambiato totalmente il volto di Campobasso».
Dunque un appoggio incondizionato a Battista?
«L’unica condizione è che tutti i nostri alleati siano di centrosinistra. Io sono pronta alla sfida».

md

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