Il via vai di avvocati e magistrati dal carcere di via Cavour è iniziato nella giornata di ieri, quando sono partiti i primi interrogatori di convalida per gli indagati coinvolti nell’operazione Lungomare. Una indagine che ha smantellato una ramificata organizzazione criminale dedita allo spaccio che dalla Puglia ha allungato in suoi tentacoli anche in Molise. In tutto sono 39 le persone raggiunte da una misura cautelare (dall’arresto in carcere ai domiciliari, fino al divieto di dimora e obbligo di firma) e nel voluminoso fascicolo della Procura (parliamo di decine di migliaia di pagine) e nella lunga ordinanza del gip sono ben delineati i ruoli degli indagati. C’è una cupola che gestisce e controlla lo smercio della droga, sceglie le piazze da ‘invadere’ e valuta l’attività dei singoli pusher, poi ci sono i ‘corrieri’ che fanno la spola tra Campomarino, la centrale di spaccio, e l’hinterland di Campobasso, e i semplici assuntori, molto spesso spacciatori occasionali.
A capo dell’organizzazione c’è una famiglia di San Severo, marito e moglie, ed altri soggetti che col passare dei mesi hanno assunto un ruolo sempre più centrale, uno di loro coinvolgendo pure la madre.
‘Protagonista’ assoluta dell’attività criminale è la moglie del boss, già arrestata in passato e che, al pari del marito, spinge anche i due figli più grandi a spacciare. Dalle indagini è emerso che la donna smerciava droga direttamente nella sua abitazione e nascondeva le sostanze addirittura nel passeggino e nel fasciatoio della terza figlia di pochi mesi.
A gestire la piazza di Campobasso c’è ancora una donna, una ragazza molto giovane ma già legata al mondo dello spaccio, che gli inquirenti definiscono la «fidatissima collaboratrice» del boss. Grazie al suo aiuto, «consistito nel mettere a disposizione della banda tutte le sue conoscenze in ordine al sistema e ai soggetti dello spaccio locale, nel ricercare un’abitazione da adibire a punto di spaccio», il capo ha ampliato la sua rete criminale nel capoluogo. La ragazza, inoltre, «provvedeva al recupero crediti, controllava l’operato degli altri tre pusher campobassani, informava il capo e la moglie di ogni accadimento rilevante e partecipava alle riunioni nelle quali il boss dava indicazioni».
Poi c’erano i semplici corrieri. È il caso di un 24enne di Campobasso colpito dal divieto di dimora in Molise difeso dall’avvocato Silvio Tolesino. Lunedì il giovane verrà ascoltato dal magistrato nella Capitale (dopo la misura cautelare il ragazzo infatti si trova nel Lazio) e per il momento il legale non si sbilancia: «Il mio atteggiamento è attualmente di prudenza. Sto aspettando di avere accesso al fascicolo della Procura per comprendere in modo più esauriente la fondatezza dell’accusa. Intanto ho depositato un’istanza di riesame e assisterò il mio assistito durante l’interrogatorio di lunedì, davanti al gip di Roma, per spiegare la marginalità del suo contributo rispetto ai fatti addebitati».
Martedì sarà invece la volta dell’interrogatorio del 26enne campobassano, tossicodipendente, accusato di avere un ruolo attivo nella banda – attualmente ai domiciliari – difeso dall’avvocato Carmine Verde: «Rimarcheremo la sua estraneità e l’inconsistenza dei fatti stessi contestati a lui nell’interrogatorio di garanzia di fronte al gip. Per il resto per noi non sussistevano né i requisiti per l’associazione contestata né i presupposti per le misure cautelari applicate».
Ieri mattina invece è stato ascoltato dal gip nel carcere di via Cavuor un altro campobassano rappresentato dall’avvocato Brienza. «Ci siamo avvalsi della facoltà di non rispondere – ha spiegato il legale al termine dell’interrogatorio – perché non sono ancora a conoscenza di tutte le carte processuali e ora sarebbe prematuro fare qualsiasi tipo di valutazione». L’avvocato ha comunque richiesto la revoca degli arresti, o l’applicazione di una misura meno afflittiva, poiché i fatti contestati al suo assistito si riferiscono allo scorso anno quindi stiamo e quindi non ci sono requisiti di attualità per la reiterazione».

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