Gli escavatori hanno acceso i motori intorno alle 13.15 di ieri. Come disposto dal sindaco Antonio Battista, che giovedì ha firmato l’ordinanza, sono partite senza intoppi le operazioni di demolizione dell’ex rimessa Enel. Il solaio crollato sabato scorso e le condizioni di pericolo per l’incolumità pubblica, messe nero su bianco nelle relazione dei Vigili del fuoco, imponevano infatti un intervento tempestivo. In mattinata è arrivata una nota della Soprintendenza in Procura, che però non ha bloccato l’intervento deciso dal Comune. I mezzi della ditta Di Biase, proprietaria dell’immobile costruito tra il 1935 e il 1939, sono entrati in azione sul lato del capannone che affaccia sul parcheggio dell’ex Romagnoli, sotto la supervisione degli uomini del 115, giunti sul posto per verificare le condizioni di sicurezza durante le operazioni. Nonostante il maltempo gli operai hanno lavorato senza troppi problemi, anzi «la pioggia aiuterà a non far diffondere le polveri nella zona», ha spiegato Giuseppe Petrone, capo del Nucleo di polizia giudiziaria dei Vigili del fuoco che però non si sbilancia sui tempi: «La struttura si trova in una situazione di precarietà e bisogna lavorare con molta cautela, per cui sicuramente gli interventi dureranno alcuni giorni».
In via Gazzani arriva anche il primo cittadino, dopo una riunione in Prefettura. «La città stava soffrendo – spiega difendendo la sua decisione – perché c’è un pericolo incombente e c’è una questione di ordine pubblico. Speriamo che nel giro di qualche giorno si possa riportare alla normalità questa parte importante della città. Dalle risultanze è emerso che il maltempo poteva aggravare le condizioni dell’edificio e che c’è il rischio di nuovi crolli – rimarca –, insomma c’è un oggettivo problema di sicurezza. Dunque non potevo esimermi dal prendere questa decisione».
Sul posto anche i legali della Ditta Di Biase, Andrea Latessa e Salvatore Di Pardo, che hanno rimarcato la ‘bontà’ del progetto della proprietà (bloccato dalla Soprintendenza e dal Tar) che voleva abbattere e ricostruire in maniera fedele l’immobile. Una scelta quasi obbligata secondo i legali vista la perizia tecnica, depositata anche al Tribunale amministrativo, che evidenziava come le criticità della struttura non sarebbero state colmate con una ristrutturazione.
«Questa mattina (ieri, ndr) la Soprintendenza – spiega l’avvocato Andrea Latessa – ha chiesto alle altre amministrazioni di comprendere se era possibile mettere in sicurezza parte dell’edificio. In realtà era la Soprintendenza a dover indicare al Comune e alla ditta quali opere voleva tutelare e soprattutto quali interventi di messa in sicurezza riteneva di dover mettere in campo».
«Noi ci aspettavamo che la Sovrintendenza ponesse un vincolo attivo e dicesse esattamente cosa fare per salvare il fabbricato– le parole dell’avvocato Di Pardo – è stato sconcertante che si è voluto mantenere in piedi un fabbricato oggettivamente pericolante, costruito secondo sistemi antiquati e impossibile da risistemare dal punto di vista sismico. La collettività è stata costretta a subire questo grave pericolo senza che l’impresa potesse metter mano sull’immobile. Immaginate se il fabbricato fosse crollato durante il Corpus Domini, sarebbe stata una strage».

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