“Insieme per non ignorare”, questo il titolo dell’incontro tenutosi ieri mattina nell’aula magna del liceo scientifico “Romita” di Campobasso nell’ambito della Giornata delle malattie rare. Obiettivo dell’evento, al quale hanno contribuito docenti e studenti, in particolare i ragazzi della classe III B dell’istituto, non è stato solo quello di porre ‘sotto i riflettori’ esclusivamente gli aspetti scientifici legati a questo tipo di patologie, quanto più quello di stimolare una cultura dell’inclusione e aumentare la capacità empatica delle nuove generazioni nei confronti dei soggetti affetti da malattie poco conosciute per le quali, però, la ricerca non accenna ad arrestarsi. Solitamente la giornata dedicata a questo tipo di patologie si celebra il 29 febbraio, quando l’anno è bisestile, proprio perché sul calendario rappresenta il giorno più ‘raro’ dell’anno.
Ad intervenire gli esperti del Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute dell’Unimol che hanno illustrato ai ragazzi gli aspetti riguardanti alcuni esempi di malattie rare, dai controlli alle diagnosi, fino alle terapie messe in atto nel corso degli anni.
Il primo ospite dell’incontro, il professore Silvio Garofalo, docente di genetica medica, ha aperto i lavori mostrando alle decine di studenti presenti in aula alcune scene del film biografico del 1980 diretto da David Lynch: “The elephant man”. Tratto da una storia vera, la pellicola parla della vita di Joseph Merrik, conosciuto come l’uomo elefante, il quale divenne famoso nella società britannica dell’era vittoriana a causa della sua estrema deformità. Celebre la sua frase quando la società iniziò a farsi beffa di lui considerandolo un fenomeno da baraccone: “La gente ha paura di ciò che non riesce a capire”. Il docente ha poi posto l’accento sulle caratteristiche della malattia propriamente detta sindrome di Proteo, dal personaggio mitologico greco in grado di trasformare il proprio aspetto fisico assumendo sembianze animali. Il professore ha poi illustrato ai ragazzi le ricerche effettuate da un noto paleontologo toscano nelle grotte del Romito, nel comune di Papasidero in Calabria, dove vennero rinvenuti due scheletri abbracciati, apparentemente un genitore con il proprio figlio affetto da displasia acromesolemica, conosciuta come “nanismo”. Si è poi soffermato sul fondatore della genetica medica, Victor A. McKusick, che effettuò le sue ricerche in piccole realtà, come nella comunità amish nella contea di Lancaster, passando poi a Keri Stefansson, studioso della genetica del popolo islandese. Tutti esempi di come piccole realtà, Molise incluso, possano contenere varianti genetiche rare, o poco comuni, utili alla comprensione di tutte le malattie genetiche, comprese quelle rare. A seguire l’intervento di Antonella Angiolilli, docente Unimol e dottoressa del centro fibrosi cistica dell’Asrem. «La fibrosi cistica – ha spiegato la dottoressa – ad oggi rappresenta la malattia rara più diffusa. Colpisce indistintamente maschi e femmine e prende di mira più di un organo. È cronica e progressiva. È più diffusa in Nord America, Nord Europa e Australia con un’incidenza di 1 su 3500 nati. In Italia 1 su 2700-3000 nati è affetto dalla patologia». Il gene che causa la malattia è stato individuato soltanto nel 1989 ed è localizzato sul braccio lungo del cromosoma. La dottoressa ha dunque illustrato ai ragazzi la patogenesi della malattia e i possibili screening per individuarla: da quello neonatale, in cui si preleva una goccia di sangue dal tallone per individuare il livello di tripsina, al test del sudore, fino al test del portatore, raccomandato solo se si ha un parente affetto dalla malattia. Prima i malati di fibrosi cistica non superavano l’età scolare. Oggi, grazie alla ricerca e alle nuove terapie, la prospettiva di vita supera i 30-35 anni.
A conclusione dei lavori l’intervento della dottoressa Klara Komici del Dipartimento di Medicina e Scienze della salute dell’Unimol sulla sindrome di Hunter, o mucopolisaccaridosi di tipo II. Si tratta di una malattia metabolica estremamente rara causata dalla carenza di un enzima, dunque una malattia da accumulo lisosomiale. L’incidenza è di 1 su 100.000. Sono 1500-2000 i pazienti in tutto il mondo. In linea generale, la malattia si caratterizza per macrocefalia, ritardo mentale e disturbi dell’umore e del carattere, che possono anche comportare un’aggressività anormale. La condizione si manifesta in due forme differenti tra loro per la gravità dei sintomi e le aspettative di vita.
L’incontro di ieri con gli esperti ha arricchito le conoscenze degli studenti del Romita nei confronti di malattie rare aumentando, al contempo, la loro consapevolezza e la loro sensibilità nei confronti di chi vive quotidianamente questo tipo di patologie.
SL

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