Acquirenti abituali e saltuari. Gli abituali più giovani, i saltuari, quelli del fine settimana per intenderci, tra i 40 e 50 anni. Di ogni estrazione sociale: dal ‘povero’ tossicodipendente che ha necessità della dose, al professionista che tira coca per vezzo.
L’organizzazione criminale sgominata ieri dai carabinieri del Comando provinciale di Campobasso agiva come accade (o accadeva fino a qualche anno fa) a Scampia. Due famiglie residenti in via Marche si erano alleate e controllavano buona parte del mercato del capoluogo.
Lo smercio avveniva nei rispettivi appartamenti dei due nuclei. Un ‘cartello’ in famiglia, una sorta di market dello spaccio, organizzato in ogni suo aspetto.
L’operazione a cui gli inquirenti hanno dato il nome di “Drug Market” si è conclusa ieri mattina all’alba con l’arresto di 12 persone, 11 su ordine del gip Veronica D’Agnone del Tribunale del capoluogo, e una fermata durante il blitz perché nel corso di una perquisizione è stata trovata in possesso di sostanze stupefacenti. Il reato loro contestato è l’associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
Altri due soggetti, invece, sono finiti in manette nel corso delle indagini coordinate dal procuratore Nicola D’Angelo e del sostituto della Direzione distrettuale antimafia Vittorio Gallucci.
Per la notifica delle misure cautelari e delle perquisizioni, i carabinieri si sono avvalsi anche di un elicottero e delle unità cinofile.
L’attività investigativa è partita a maggio del 2018. In meno di un anno i militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia del capoluogo hanno documentato almeno 1.500 cessioni, perlopiù cocaina.
In seguito alla puntuale attività quotidiana di prevenzione e repressione dei reati, i carabinieri hanno riscontrato che nel quartiere San Giovanni dei Gelsi capitava più spesso che altrove di fermare persone in possesso di sostanza stupefacente. Una spia che ha dato subito luogo ad una serie di verifiche più approfondite, fino all’individuazione in via Marche di due palazzine dove era notevole l’andirivieni di soggetti noti e non, che, presumibilmente, lì si recavano per approvvigionarsi di cocaina.
Avviate le attività investigative, i carabinieri del tenente Giorgio Felici hanno capito di avere a che fare con un sodalizio, che per quanto autoctono e non legato a chissà quale clan, era ben organizzato e radicato.
La gestione degli affari esclusivamente nelle mani dei due capi famiglia, che personalmente ordinavano lo stupefacente, principalmente in Campania, a Succivo in provincia di Caserta, e in Puglia, a San Severo. I fornitori si preoccupavano di far arrivare la droga a Campobasso, con l’utilizzo di auto intestate a parenti incensurati e, quindi, insospettabili.
Le due famiglie del capoluogo, consapevoli di poter incappare in un blitz delle forze di polizia, non trattenevano in casa tutto lo stupefacente che almeno una volta a settimana ricevevano, ma solo il quantitativo necessario a soddisfare la richiesta giornaliera. Il resto veniva custodito da un complice (incensurato e quindi insospettabile) presso la sua abitazione.
Lo smercio avveniva in entrambi gli appartamenti. La cocaina poteva essere acquistata previo ordine telefonico mediante un linguaggio in codice («posso passare a prendere una damigiana di vino?»; «sono arrivate le bistecche?»; «caffè»; «birra») oppure recandosi sul posto, in una delle due abitazioni. Per piccoli quantitativi le dosi erano preconfezionate, se serviva più coca, gli addetti al confezionamento provvedevano all’istante. Ogni componente della famiglia, donne e ragazzi compresi, aveva un ruolo.
Nel corso delle indagini, le microspie hanno documentato anche un summit: intorno a un tavolo le due famiglie che hanno stabilito quanti soldi investire nel traffico dell’affare cocaina, quanta ordinarne, in che percentuale tagliarla e a che prezzo vendere ogni singola dose.
Talvolta era talmente forte la richiesta, che in ognuno dei due appartamenti era necessario mettersi in coda e attendere il proprio turno. In uno degli episodi filmati, il capofamiglia è costretto ad alzare la voce per ripristinare l’ordine tra i numerosi acquirenti e capire chi aveva bisogno di cosa.
Nel corso dei nove mesi di indagini, i carabinieri hanno eseguito diversi sequestri che hanno consentito di accertare la qualità dello stupefacente: i due sodalizi si approvvigionavano di cocaina pura all’80%, che tagliata poteva rendere fino a tre volte tanto.
Oltre alle 12 misure cautelari e alle 18 perquisizioni eseguite ieri, gli inquirenti hanno notificato 10 denunce in stato di libertà ad altrettante persone, tra cui un minorenne.

ppm

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