Doveva andare in gita con i suoi compagni di classe. O almeno questo era il programma. Sfortunatamente però, ad una settimana dal viaggio d’istruzione, E., alunna presso una scuola primaria del capoluogo, si è infortunata e l’istituto non le ha permesso di partecipare all’evento didattico. Una problema, secondo l’associazione Cittadinanzattiva, che poteva essere gestito in maniera diversa. «Una delle tante storie di discriminazione tra bambini – spiega l’associazione – Questa è arrivata in Cittadinanzattiva Campobasso lunedì scorso. Si tratta di E., un’alunna di una scuola primaria del capoluogo e l’associazione ha deciso di farsene carico a tutela non solo del diritto alla cura, che le è stato fortunatamente garantito, ma del diritto allo studio che le è stato invece negato per circa una settimana.
In seguito ad un infortunio esterno alla scuola, verificatosi domenica 17 marzo, la bambina ha subito una distorsione della caviglia e ad una prima visita effettuata il 19 marzo, le è stato applicato un gambaletto gessato.
È stata la mamma a raccontare la vicenda, confusa e umiliata, oltre che arrabbiata, perché E. lunedì 25 marzo (quindi una settimana dall’accaduto) è dovuta restare a casa, mentre i suoi compagni si sono recati in gita. Una gita importante con visita in uno dei luoghi più rappresentativi della capitale, aperto alle scolaresche.
Non sottovalutiamo il fatto che le è stata negata una giornata di gioia e spensieratezza al di fuori dei banchi di scuola. Una giornata che, con qualche accorgimento e qualche attenzione in più, avrebbe tranquillamente potuto trascorrere in compagnia dei suoi bastoni canadesi o della sua carrozzella pieghevole.
Contrariamente a ciò, invece, il dirigente scolastico avrebbe invitato la mamma a sottoscrivere una lettera (precompilata dalla stessa scuola), con la quale comunicava lo stato della bambina e la richiesta di esonero dalla gita per la difficoltà a “salire e scendere dal pullman poiché impedita dai movimenti”. Lettera che la madre si è rifiutata di sottoscrivere.
Ma a questa vicenda segue l’altra ancora più preoccupante: il rientro a scuola. Senza il certificato della pediatra, che attestasse lo stato di E. – nel quale si legge “può deambulare con i bastoni canadesi, pertanto può riprendere l’attività scolastica” – il dirigente scolastico non avrebbe consentito l’accesso della bambina all’interno del plesso, certificato che è stato chiesto alla madre solo dopo diversi giorni ed è stato subito prodotto con un andirivieni del genitore diviso tra casa, scuola e struttura sanitaria. E non solo – aggiunge Cittadinanzattiva – oltre alla richiesta di accompagnamento e di utilizzo dell’ascensore il dirigente scolastico avrebbe invitato nuovamente il genitore a sottoscrivere un’altra lettera (sempre precompilata dalla scuola) come richiesta di “partecipare alle attività scolastiche, con l’impegno ad osservare le regolari norme per la sicurezza (di quale sicurezza non si comprende) al fine di non perdere le lezioni per tanti giorni”.
Tranne per le due lettere non sottoscritte, tutta la procedura seguita risulta regolare e correttamente gestita: i medici hanno compiuto il loro dovere, sia sotto l’aspetto medico che amministrativo, il dirigente scolastico ha perfettamente ottemperato alle norme ministeriali e regolamenti interni d’istituto, compreso il protocollo d’intesa sulle certificazioni mediche in ambito scolastico sottoscritto tra l’USR e gli ordini professionali dei medici.
Vero è che la gita (non certo programmata da un giorno all’altro) è saltata. Non possiamo credere che nessuno all’interno della scuola si sia posto in una settimana il problema del certificato, e non ci sia stato il tempo per organizzarsi in maniera adeguata! Come si legge nel Regolamento d’istituto a proposito di visite guidate: “La funzione di accompagnatore è svolta esclusivamente dagli insegnanti. Non è ammessa la partecipazione di genitori e di personale non docente tranne che per gli alunni con disabilità”. Perché non si è ritenuto di percorrere quest’ultima strada e non l’altra, visto che la madre si è anche proposta di accompagnarla?
Per l’altro aspetto, invece – aggiunge l’associazione – sembra che paradossalmente la scuola sia meglio organizzata per l’accoglienza di disabilità più gravi, che vedono la presenza e l’affiancamento di figure professionali ad hoc che non casi come quello che si sta narrando che non controindicano, da un punto di vista medico, la frequenza di una comunità scolastica.
Se il timore manifestato è quello della sicurezza, è necessario capire di quale sicurezza si parli, perché se ci si riferisce alla sicurezza di E., il primo dovere di un dirigente scolastico è raccomandare la massima partecipazione a tutte le componenti (genitori, docenti e personale Ata) per evitare la violazione del diritto allo studio che deve essere, invece, garantito appieno in ogni circostanza, a lei come a tutti gli altri alunni che dovessero trovarsi in situazioni simili. Come si legge ancora nel Regolamento d’Istituto: “La scuola deve porre in atto tutte le condizioni per assicurare la salubrità e la sicurezza degli ambienti che debbono essere adeguati a tutti gli studenti anche con disabilità”.
Le misure di sicurezza (ingresso e uscita posticipati per evitare l’affollamento) – conclude Cittadinanzattiva – sono state in parte adottate al momento della decisione di far rientrare E. a scuola ma con una settimana di ritardo, quasi come se la scuola fosse rimasta ancora più ingessata della sua sfortunata alunna».

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